Erika Zolli: “Surreal Arabesque” immagini arricchite di elementi ironici e chimere fantastiche
Erika Zolli, in arte Eribluff, è una fotografa specializzata in fine-art, per lei la la fotografia conduce l’osservatore in un mondo di surreale poesia. Nelle sue foto vengono creati nuovi mondi, nuove realtà, al fine di mostrare e di esplorare quell’invisibile dimensione onirica che risiede nella mente umana. I suoi lavori si caratterizzano per un mixage di surrealismo e di delicatezza in cui i soggetti interagiscono con lo spazio circostante, creando un valore extrasensoriale e magico. Il suo ultimo progetto “Surreal Arabesque” gioca col concetto di “arabesque”, che significa contrapporre alla perfezione del “Bello ideale” la stravaganza dell’immaginario e delle chimere fantastiche. Immagini apparentemente normali vengono arricchite da elementi surreali e ironici, la razionalità qui si ritrae, la logica si ripiega su se stessa e la mente si offusca. Accostamenti dissociativi, composizioni assurde, situazioni in bilico tra l’onirico e la più fervida immaginazione, tutto, nella chiara e immediata ricettività del pensiero visibile che la fotografa trasferisce nell’immagine.
Rivista Donna l’ha incontrata per voi…
Erika come è nata la passione per la fotografia?
L’interesse per la fotografia è nato durante i miei studi in Filosofia e Scienze Cognitive: ho iniziato ad applicare lo studio dell’essere umano e della sua realtà, sia conscia che inconscia, alle arti figurative. Ciò che mi ha sempre affascinato della fotografia è la possibilità, attraverso la finzione scenica, di creare nuove realtà surreali che rappresentino mondi invisibili propri dell’essere umano.
Sei specializzata in fine art spiegaci meglio.
Fine-Art è un termine che si associa per indicare qualcosa che è realizzato per puro fine estetico ed estatico. Nel Fine-Art la fotografia è considerata una vera e propria Arte. Si parla spesso di fotografia in senso lato, senza tener conto dello scopo di un’immagine. Ad esempio un fotografo commerciale utilizza accuratamente le tecniche di illuminazione per dare al soggetto immortalato un aspetto il più realistico possibile, mentre un fotografo di fine-art può giocare con l’effetto mosso per trasmettere un’emozione. È proprio questo aspetto che contraddistingue il Fine-Art: non si tratta di descrivere la realtà, ma di emozionare colui che osserva attraverso l’immagine.
Nelle tue fotografie c’è il sogno e la realtà.
Questo binomio è ciò su cui ruota la mia fotografia. L’idea è quella di rappresentare nella realtà una dimensione che apparentemente non si può vedere quotidianamente, ma che è lì, basta solo fermarsi e iniziare a guardare la realtà con occhi nuovi.
Cosa serve per fare una bella foto?
Attenzione ai dettagli.
E per renderla originale?
Aguzzare la vista e inventarsi diverse prospettive per uno stesso soggetto.
Il tuo ultimo progetto “Surreal Arabesque” di cosa si tratta e da cosa hai tratto ispirazione?
In questo progetto gioco col concetto di “arabesque”, che significa contrapporre alla perfezione del “Bello ideale” la stravaganza dell’immaginario e delle chimere fantastiche. Immagini apparentemente normali vengono arricchite da elementi surreali e ironici, la razionalità qui si ritrae, la logica si ripiega su se stessa.