Carla Denule: “Io penso in sardo”
“Io penso in sardo” con queste parole Carla Denule ci racconta la sua vocazione per il canto sardo. Carla è una delle voci più importanti e belle della scena tradizionale. Inizia a cantare giovanissima e interpreta la tradizione di questa meravigliosa isola tenendo sempre vivo, con la sua bellissima voce, uno dei patrimoni folkloristici più importanti della Sardegna.
Nella sua carriera ha sempre cercato di mettere al primo posto la passione per la musica e la conoscenza delle storie a della tradizione che si cela dietro ogni testo canoro. Incontri, idee, emozioni del percorso di un’artista che ha fatto una scelta di vita: “Cantare è la mia massima espressione, ogni mia interpretazione è unica, perché è una parte di me”.
Rivista Donna l’ha incontrata per voi…
Come è iniziata la tua passione per il canto, in particolare il canto in lingua Sarda?
Il mio ingresso nella musica etnica sarda è avvenuto in maniera molto graduale e ponderata. Ho iniziato con la musica leggera, cantavo nei varietà, partecipavo a tanti festival, sia regionali che nazionali, seguivo stage di canto sia nell’Isola che al di fuori. Nel ’97-’98 (ora non ricordo con precisione), mi proposero di cantare in lingua sarda; c’era già un progetto pronto per me … ma io rifiutai … non ritenevo opportuno avvicinarmi ad un patrimonio culturale e musicale come quello sardo, con leggerezza; la mia doveva essere una scelta, non una risposta inconsapevole a ciò che proponeva il mercato in quel momento; una scelta importante, da fare nel momento in cui avessi avuto la piena consapevolezza di ciò che stavo andando a trattare … dovevo essere io a sentirmi pronta per affrontare un universo musicale così complesso. Per quanto avessi la “lingua” dalla mia parte, nel senso che il sardo è la mia lingua madre, lo parlo quotidianamente (io penso in sardo), non era sufficiente; c’è tutto un profondo sentire dietro il cantare in sardo, da cui non si può assolutamente prescindere. Pian piano iniziai ad addentrarmi in questo “mare mannum” e mi resi conto che quell’ ”universo” mi apparteneva … era sempre più mio. Fu così che nacquero i primi spettacoli di musica tradizionale sarda rivisitata in chiave pop (2000), fino al 2003, anno in cui iniziai a lavorare per un mio spettacolo che fece il suo esordio nell’aprile del 2004 con il mio primo disco “Notte de luna”.
Chi sono stati i tuoi maestri?
Beh in fatto di maestri, direi che tutto il patrimonio tradizionale sardo insegni. Non ce n’è stato uno in particolare. Ad essere sinceri, non ho mai avuto idoli; preferisco parlare di ammirazione e stima nei confronti di qualcuno … credo che si debba far proprio ciò che si apprende e forgiarlo in base al proprio essere, al proprio sentire …
Hai una cantante a cui ti ispiri?
C’è una cantautrice portoghese, a mio avviso, strepitosa … Dulce Pontes.
Cosa rende uniche le tue interpretazioni?
L’unicità sta nel darsi. Quando si canta ci si esprime. Cantare è la mia massima espressione, dunque ogni mia interpretazione è unica, perché è una parte di me.
Quanto impegno e passione ci vuole per fare la cantante?
Sono necessari davvero entrambi … portare avanti l’attività di cantante non è assolutamente facile. È un continuo mettersi in discussione, un continuo esporsi a cui non ci si può sottrarre e che qualche volta crea delle difficoltà. Per chi, come me, tende alla riservatezza, non sempre ci si sente a proprio agio su un palco ad esibirsi, a manifestarsi. La musica richiede cura, passione, tempo, che spesso sottrai a tanto altro … io fin da ragazzina mi ci sono dedicata in maniera molto seria, ho sempre avuto rispetto per la musica, non ci si può improvvisare. In primis è necessario il talento … poi subentra la passione che ti porta a dedicarle buona parte del tuo tempo; e, non ultimo, lo studio … non è banale dire che non si smette mai di imparare, che non si sa mai abbastanza e che pensare di essere arrivati e fermarsi, non è altro che una profonda illusione … forse sono un po’ troppo perfezionista, ma ho bisogno di stimoli continui, di conoscere cose nuove, mi accompagna da sempre una forte curiosità e ho la sensazione di non sapere mai abbastanza …
Cantare mi ha portato a venire a contatto con altre culture, a conoscere luoghi nuovi e lontani … tra i tanti ricordo il viaggio in Africa, in Russia, a Cuba, in Argentina … tutte esperienze che mi hanno arricchito tantissimo e che hanno accresciuto la mia motivazione.
Cosa vuoi comunicare attraverso la musica al pubblico che ti ascolta?
Il canto è un importante mezzo di comunicazione. Non soltanto per esprimere se stessi; è un modo privilegiato per arrivare agli altri. Io mi sento molto fortunata in questo senso. Attraverso la musica comunico il mio stato, il mio modo di essere … ma il mio canto serve anche a chi mi ascolta come mezzo per entrare in contatto con se stessi. È un continuo gioco di rimandi …
In quanto donna pensi di aver avuto maggiori difficoltà a entrare a far parte del mondo della musica?
In Sardegna, si sa, protagonisti della scena musicale sono sempre stati gli uomini. Le donne sono riuscite con fatica a conquistare un loro spazio … però ormai da diverso tempo anche loro occupano un posto di tutto rispetto nel panorama musicale sardo. Ciò nonostante certi meccanismi credo siano difficili da sradicare e per una donna è sempre tutto più complicato.
C’è una esibizione che ti ha emozionata di più?
L’emozione accompagna ogni mia esibizione … ricordo in particolar modo il debutto del mio spettacolo interamente al femminile nell’aprile del 2004 a Neoneli. Fu una sensazione unica e irripetibile, la ricordo perfettamente: tutte donne, vestite di bianco, al centro del palcoscenico un quartetto d’archi … atmosfera magica … gli arrangiamenti orchestrali si affiancavano a quelli della tradizione dando al tutto un sapore nuovo e accattivante … L’idea fu di Renato Piccinnu, della R&G Music, Agenzia Spettacoli di Olbia. Collaboravo con lui da tempo; ha sempre creduto in me e quella volta volle proprio azzardare, anche un po’ in disaccordo con le idee di tanti. Di lì a poco quello spettacolo si rivelò essere vincente. Ancora oggi molti ricordano quella magia … fu l’unione di diverse forze che diedero vita a un mix davvero convincente. Parallelamente uscì il mio primo disco, il cui brano di punta, “Notte de luna”, è rimasto nel cuore di tutti i sardi e non solo. Gli arrangiamenti dell’intero lavoro furono curati da Marco Piras (uno dei componenti della storica formazione dei Bertas), col quale da allora iniziò una solida collaborazione e che ha avuto un ruolo molto importante nella mia formazione artistica.
Cosa vuol dire per te cantare in sardo?
Dopo tanti anni di esperienza, posso dire che cantare in sardo sia il modo migliore per esprimere me stessa e per comunicare in maniera più convincente. Ho interpretato vari generi (musica leggera, jazz) e in diverse lingue, ma sicuramente “dar voce alla mia terra”, nella mia lingua, ecco questa è la via prediletta.
Cantare è sinonimo di …
Credo che ognuno di noi abbia una missione in questo mondo … la mia è quella di cantare; ho capito che è questo il senso della mia vita. Il canto dà un senso alla mia esistenza.
“Notte De Luna” uno dei tuoi brani di successo, raccontaci questi versi…
“Notte de luna” è un brano a cui sono particolarmente legata. Nacque nell’autunno del 2003; venne scritto appositamente per me, come dire, mi fu cucito addosso … l’autore fu bravo a dar vita ad un brano che mi valorizzasse sotto ogni aspetto. Racconta dell’importante rapporto tra madre e figlio e della differenza che si può notare tra una gatta, che per quanto le vengano sottratti i figli riesce comunque ad andare avanti serenamente, e una madre che, al contrario, quando i suoi figli sono lontani vive nella speranza di poterli riabbracciare, speranza che purtroppo talvolta muore quando quei figli non fanno ritorno.
Questo brano sembrò scritto apposta per ciò che, ironia della sorte, proprio in quel periodo accadde a Nassirja, dove diversi nostri connazionali persero la vita. È un brano dal forte impatto emotivo, sia per me che lo interpreto che per chi lo ascolta.
Quanto affiatamento c’è tra te il gruppo di musicisti, tutte donne, con cui ti sei esibita, fino a qualche anno fa ?
Quello è stato un bellissimo spettacolo; ogni concerto aveva qualcosa di speciale e di diverso. C’era molto affiatamento nel gruppo, abbiamo condiviso esperienze davvero indimenticabili, come quella del 2006 alle Olimpiadi di Torino. La manager di un’agenzia inglese mi sentì cantare durante un concerto a Castelsardo e mi contattò per cantare in sardo alle serate che venivano organizzate durante le Olimpiadi. Ci esibimmo davanti a un pubblico composto da gente di varie nazionalità. L’impatto fu fortissimo … pur non capendo la nostra lingua, riuscimmo a conquistarli davvero tutti.
Tra i tuoi numerosi impegni lavorativi, c’è un progetto con i Tenores di Neoneli in cui interpreti i versi di Tonino Cau. Spiegaci di cosa si tratta..
La collaborazione con il Coro di Neoneli è nata di recente … già in passato interpretai dei versi scritti da Tonino Cau. Forse questo nostro incontro non è casuale se consideriamo che lo spettacolo “Notte de luna”esordì nel 2004 proprio a Neoneli! Zuighes è il titolo del progetto e del libro che Tonino ha scritto (termine che significa “Giudici”); viene descritta la storia dei giudicati sardi, in particolare di quello durato più a lungo, il Giudicato di Arborea, ma la cosa più interessante è che questa storia viene raccontata per la prima volta in versi, in Otada Logudoresa. Questo è un progetto che mi ha entusiasmato particolarmente, soprattutto perché è stata richiesta la mia collaborazione non solo in quanto cantante, ma anche come interprete di una importante variante del Sardo, quale è quella Logudorese. Nello specifico, vado a interpretare le vicende di alcuni personaggi importanti utilizzando melodie tradizionali come quelle dei Balli, Mutos e Gosos. È entusiasmante per me collaborare con artisti come loro che hanno dato un importante contributo alla nostra musica e alla nostra cultura.
Qualche altra curiosità su di te…
Altre curiosità… mi sono laureata di recente in Scienze dell’Educazione all’Università di Sassari; il mio intento è quello di coniugare l’attività di Educatrice con quella canora, lavorando nel settore dell’Infanzia, promuovendo, in questo modo, la nostra Lingua e la nostra Cultura. Parallelamente ho frequentato il Corso Accademico di Primo Livello in Etnomusicologia al Conservatorio di Sassari e anche questo percorso sta giungendo al termine.