La seta che viene dal mare
E’ uno scrigno pieno di tesori meravigliosi il mare, un vero e proprio mondo nascosto agli occhi degli uomini.Tra i tanti doni che il nostro Mar Mediterraneo ci offre, ve n’è uno, il cui mistero e la cui bellezza può essere svelato solamente dalle mani di abili artigiani: la Pinna nobilis, la più grande conchiglia di tutto il Mediterraneo
Un tempo molto diffusa, è attualmente una specie protetta che si insedia lungo le regioni costiere della Sardegna, ed in particolare nelle coste settentrionali. Questo mollusco bivalve si fissa con la sua estremità appuntita nel fondo marino, mediante dei filamenti di natura cornea che al contatto dell’acqua si induriscono e, come una sorta di ancora, evitano di farlo trasportare dalle correnti marine. Proprio da questi lunghi filamenti, secreti dalla ghiandola denominata bissogena, si ottiene una fibra tessile grezza, dalla quale si ricava il bisso marino. Il termine bisso, derivato dal tardo latino “byssus” e dal greco “bussos”, a sua volta di origine fenicia, venne successivamente ad indicare un tessuto particolarmente fine e pregiato, grazie alla sua duttilità che permette di ottenere una stoffa morbida, dall’aspetto lucido e brillante molto simile alla seta e la sua colorazione dorata, che a seconda dell’incidenza della luce, le conferisce una dignità unica.
Un’altra importante peculiarità di questo prodotto è la capacità di trattenere il calore. Caratteristiche che furono prese in esame da un dottore cagliaritano del XIX secolo, Giuseppe Basso Arnoux, quando volle utilizzarla per massaggi che egli stesso praticava. In realtà egli si prodigò in maniera assolutamente encomiabile, dedicando tutte le sue energie allo studio delle caratteristiche del bisso nella speranza di sviluppare una florida industria ma tutti i suoi tentativi andarono vanificati. Non si tratta quindi di una semplice conchiglia, ma dell’artefice della cosiddetta “seta marina”, così definita sin dall’antichità, che riuscì ad alimentare una fiorente industria di tessuti presso i Fenici, gli Egizi, i Caldei e gli Ebrei.La seta del mare, da sempre è stata utilizzata per creare vesti
di grande pregio destinate esclusivamente a principi, sovrani o ai grandi sacerdoti: “Con porpora viola e porpora rossa, con scarlatto e bisso fece le vesti liturgiche per officiare nel santuario. Fecero le vesti sacre di Aronne, come il Signore aveva ordinato a Mosè”.
Così viene citato il bisso nell’Antico Testamento, ma si trova menzionato anche nei Vangeli, o in altre opere più recenti.E’ un materiale pregiatissimo e oggi ancora di più vista la difficoltà di approvvigionamento della materia prima, causata dall’inquinamento marino e dai danni provocati dai subacquei.
Inoltre, un ruolo determinante per trasformarla in una sostanza rara, è la difficoltà della sua lavorazione: innanzitutto la pesca si effettua con l’immersione in apnea del pescatore che, con l’ausilio di uno strumento costituito da una lunga asta terminante con un occhiello, riesce a strappare il mollusco dal suo ancoraggio. Una volta raccolto il bisso, inizia il processo di lavorazione vero e proprio. I filamenti vengono pettinati con arnesi in acciaio affinché lo sfregamento li renda lucidi. Si procede infine, alla filatura manuale mediante rocca e fuso di legno di piccole dimensioni; questa è un’operazione molto
delicata. Infatti, solo mani esperte possono ottenere dei filati sottilissimi e di diametro uniforme.
In Sardegna la storia del Bisso ci porta da Chiara Vigo, le cui mani ostinatamente filano le fragili fibre della seta del mare come le mani di una fata. E’ lei l’unica tessitrice di bisso al mondo, preleva personalmente la bava della pinna in apnea ed è l’unica che plasma questa materia con quella perizia che imparò da sua nonna e i cui segreti verranno da lei
trasmessi di generazione in generazione. Dal bisso non si può trarre alcun vantaggio materiale, non si può lucrare, così stabilisce il giuramento del mare e così Chiara ha dichiarato la sua fedeltà al mare, all’acqua, alla terra e all’arte. Il panno di bisso può essere solo donato perché è un tesoro che viene dal mare e come il mare è di tutti.