Tra la mente e il corpo con Claudia Spada
Ha lo sguardo solare Claudia Spada. Sorridente, ottimista, legata al suo lavoro da una grande passione per il prossimo, si è laureata nel 2000 in medicina e chirurgia. Poi con tanta dedizione si è specializzata in psichiatria. Il suo lavoro le consente di avere molte soddisfazioni. Ascoltare le storie dei suoi pazienti le fa riscoprire emozioni differenti. Ogni storia è diversa, e barcamenasi tra le reti dell’animo e della ragione le fa scoprire un mondo ricco di forti sentimenti, spesso contrastanti ma, anche per questo affascinanti.
Come ha iniziato a esercitare la sua professione?
Ho investito tutti i miei guadagni e in particolare i soldi vinti con la borsa di studio, per aprirmi uno studio privato perchè ritengo che all’interno delle strutture pubbliche sia molto più difficile il contatto umano. Io, come psichiatra ci tengo a seguire personalmente i miei pazienti, solo in questo modo posso aiutarli a ritrovare se stessi.
Cosa ricorda della prima visita?
Feci la mia prima visita durante il periodo di specializzazione. Era nel 2000. Fu un’esperienza molto forte, provai una forte emozione, mi vennero quasi i lacrimoni agli occhi ad ascoltare la storia difficile, triste e dolorosa di un ragazzo che aveva dei grossi problemi in famiglia. Ora dopo molti anni è più facile enfatizzare ma provo sempre un forte senso di dolore davanti alla sofferenza.
Quanto incide l’ambiente e la genetica sulle patologie che lei deve curare, sugli attacchi di panico,di ansia?
C’è sempre una componente genetica e una ambientale. Tutte le nostre abilità sono geneticamente predeterminate poi l’educazione e le esperienze fatte contribuiscono fortemente.
Chi si rivolge a lei?
Tutti ma in particolare le donne. Queste essendo più sensibili sentono maggiormente il bisogno di essere aiutate e non si vergognano né del loro dolore né di chiedere aiuto. Per gli uomini invece, la questione è più complessa. Molti di loro continuano a ritenere che dimostrare la propria sofferenza sia un sintomo di debolezza e quindi tendono a non voler affrontare il dolore, e non si recano da un medico. Quelli che vengono da un psicanalista però, li considero persone veramente eccezionali, sono maturi e vogliono mettersi in gioco. Sono uomini forti e liberi da ogni preconcetto. Elemento fondamentale per poter affrontare al meglio la terapia.
Cosa bisogna fare in primo luogo per affrontare la malattia?
Avere padronanza del proprio corpo aiuta il paziente. La psicoterapia elasticizza la mente, aiuta ad avere e ad utilizzare nuovi strumenti per analizzare e vivere la vita. Porta a una forte introspezione. La forte motivazione alla guarigione aiuta ad affrontare e a risolvere prima il problema, anche se purtroppo, questo può causare molta sofferenza.
I casi più difficili?
I disturbi alimentari dove è molto forte la componente ambientale. In questo caso spesso è indispensabile coinvolgere la famiglia. Mentre per gli ansiosi o i depressi la terapia è più facile. Ma tutti i casi sono talmente differenti fra loro che è molto difficile generalizzare o schematizzare troppo.
Le età?
Molti giovani dai 18 anni, qualche minorenne accompagnato dai genitori per lo più ragazzi e ragazze dai 20 ai 35 anni e qualche adulto otre i 40.
Cosa si sente di suggerire ad altre persone che vogliono intraprendere il suo lavoro?
Il mio lavoro come tanti altri bisogna amarlo molto. Credo che sia fondamentale sapere che ognuno di noi può sbagliare e spesso, dobbiamo accettare la sconfitta e, riconoscere che nonostante il nostro impegno non siamo riusciti ad aiutare i nostri pazienti.