La Città dei bambini
Come è noto l’iniziativa Child Friendls Cities promossa dall’Unicef e dal suo centro di Ricerca Innocenti di Firenze ha ricevuto nell’ultimo decennio, anche in Italia, un notevole incremento grazie alla fattiva e continua collaborazione con il Governo Nazionale, l’Università e i sindacati difensori dell’infanzia. Questo movimento ha prodotto, soprattutto in questo momento storico, riforme istituzionali, regolamenti e piani d’azione diretti verso la creazione delle così dette città amiche delle bambine e dei bambini. Il centro di ricerche di Firenze dell’Unicef che ospita il segretariato dell’iniziativa internazionale, è il punto di riferimento che raccoglie e coordina le iniziative delle Child Friendly Cities in tutto il mondo. E’ giusto ricordare che l’articolo 7 della legge 285/97 parla diffusamente del progetto città sostenibili mentre il ministero dell’ambiente, in seguito agli impegni assunti nel 1996 al City Summit di Istanbul, ha organizzato una rete di città impegnate a promuovere, dai piccoli paesi alle città metropolitane, spazi fruibili e accessibili all’infanzia. Tutti questi progetti, grazie all’impegno profuso, non solo dall’Unicef ma dall’intera comunità civile, portano a tre importanti innovazioni: la progettazione partecipata, i consigli municipali dei ragazzi, (C.C.R.), la promozione di una serie di iniziative volte a incentivare l’esplorazione dell’ambiente da parte dei piccoli in maniera autonoma senza la continua presenza dell’adulto. Queste tre motivazioni comportano una visione solistica della città, che coniughi interventi volti a contrastare il disagio e l’emarginazione delle fasce sociali più deboli con iniziative volte a promuovere la dimensione creativa dell’infanzia, nonché la promozione del diritto di partecipazione alla vita cittadina verso un quadro più ampio e articolato della stessa gestione dell’ecosistema urbano. E’ chiaro che questa impostazione si basa su una visione dell’infanzia che, come recitano i 54 articoli della Convenzione Onu dell’89 viene vista come soggetto attivo di diritti e non come mero oggetto passivo. Peraltro un modello di città sostenibile comporta la partecipazione continua delle nuove generazioni ai processi di progettazione di spazi aperti e fruibili. Nasce l’esigenza che amministratori locali, urbanisti e tecnici percepiscano i bambini come cittadini attivi, capaci di scelte dirette ad attuare pienamente i loro diritti sanciti dalla convenzione dell’89. Si tratta di restituire ai piccoli la loro città evitando che noi adulti li segreghiamo in una sorta di ghetti ludici, cioè in luoghi specializzati costruiti con la funzione primaria di proteggerli. Una protezione che li priva della possibilità di avere l’aspetto esplorativo, creativo, cognitivo nonché espressivo tipico della loro fascia d’età. Bisogna sfidare l’atteggiamento iperprotettivo delle famiglie, che spesso, con l’appoggio delle stesse istituzioni, promuove una gestione totalizzante della vita sociale dei bambini, programmandone ogni momento della giornata senza che i piccoli partecipino minimamente a quelle scelte. La città amica dell’infanzia comporta una nuova visione dei bambini visti come attori sociali, competenti, pronti a partecipare alla vita comunitaria, capaci di rivendicare i propri diritti e le proprie capacità decisionali, in grado di costruire, a fianco degli adulti, non solo i significati del mondo che li circonda ma anche una nuova cultura dei nostri spazi urbani. Nel 1990 a Barcellona numerose città di tutto il mondo hanno adottato la carta delle città educative. Questa iniziativa è stata ribadita a Rio dove si è giunti alla formulazione della cosiddetta Agenda 21, uno strumento per lo sviluppo sostenibile urbano. In questi ultimi anni in Italia l’Agenda 21 locale ha contribuito allo sviluppo di attività di laboratori di cooprogettazione partecipata. E’ da ricordare, come estremamente significativa , l’esperienza di Fano. In questo piccolo centro i bambini delle scuole elementari e medie hanno partecipato con i tecnici alla stesura del Puc esprimendo le loro idee per il cambiamento di particolari aree della loro città, analizzando con spirito critico i problemi di Fano, le sue riforme fino ad una analisi puntuale dell’eco – gestione dei rifiuti urbani. L’esperienza di Fano come città pilota dovrebbe essere un esempio per i nostri amministratori per costruire il futuro delle nostre città perché diventino presto amiche delle bambine e dei bambini.
Rossella Onnis (presidente Unicef provincia di Cagliari)