Il festival del cinema indipendente sardo, PJ Gambioli, l’ideatrice

Abracadabra. I sogni, le emozioni, le immagini si fanno flusso, trama, storia. E il golem prende vita sotto le mani di un mago che impasta e modella, soffia e cuce con le idee. Il regista, anzi  – parola meno magniloquente – l’artigiano-filmaker, guarda il mondo con l’occhio innocente dello stupore, in bilico fra l’etnologo e il bimbo. E la propria terra, le cose umili, i mestieri dimenticati, i grumi di dolore della vita, una favola lontana che quasi nessuno narra più, diventano tutte storie degne dello sguardo nudo del cinema. Come se fosse la prima volta che qualcuno vi posasse l’attenzione. Pj Gambioli (nata a Nuoro nel 1972) ha cominciato a curiosare fra videocamere e obbiettivi per caso. Come in quegli amori che sbocciano a poco a poco e anche se all’inizio non ci si filava di pezza. <<La passione  – ricorda – non è che sia proprio nata nel migliore dei modi. Mio padre amava fare riprese e io lo snobbavo. Pensavo che non vi era niente di divertente nello stare dietro una telecamera. Un po’ per ego ed immaturità. Beh fortunatamente mi sbagliavo!>>. Le piaceva però annotare e ascoltare delle storie, che è sempre un buon inizio. Poi l’incontro con il filmaker e antropologo Gianni Secchi e da lì la scintilla non s’è più spenta. Tanto che, dice: <<E’ una delle poche persone che ancora ringrazio>>. A fine agosto (dal 22 al 23) per Pj c’è un appuntamento fisso, la sua creatura: il Festival del Cinema Indipendente Sardo (ne è l’ideatrice e la curatrice) nei giardini della Biblioteca Satta (ex giardini Buscarini).

E’ la nona edizione del Festival, un bel traguardo…

La rassegna del cinema indipendente sardo è nata come scommessa in un periodo dove registi ed autori emergenti sentivano il bisogno di avere uno spazio, un’opportunità di incontro e di confronto. Un luogo fisico dove proiettare le nuove proposte che altrimenti sarebbero rimaste dentro il cassetto. Per un autore emergente la difficoltà è farsi notare,  avere un pubblico desideroso di accogliere nuovi progetti. Con gli anni i lavori sono diventati sempre più curati, abbiamo registrato notevoli miglioramenti rispetto alle prime edizioni. Non solo sui temi affrontati, ma anche sulla ricerca di uno stile registico-narrativo da parte dei giovani autori. Il pubblico ci ha sempre premiati. Nuoro è una città interessata a questo genere di eventi culturali. La biblioteca Satta ed il suo direttore Tonino Cugusi, hanno sostenuto fin dagli esordi questa iniziativa. Senza il loro aiuto non credo che la nostra Associazione Culturale Janas avrebbe potuto arrivare alla meta dei nove anni.

E questo nonostante la crisi…

Senza piangerci troppo addosso, le Pubbliche amministrazioni pressoché assenti. Eccetto sporadiche partecipazioni da parte della Provincia, a dispetto dei risultati e degli sforzi oggettivi il comune di Nuoro e la Regione Sardegna, pur succedendosi in differenti amministrazioni, non hanno mai mostrato un particolare interesse. Probabilmente le mie parole non piaceranno a chi amministra la nostra città, ma la verità a volte scomoda non va taciuta, se si vuole aprire un confronto serio e responsabile.

Perché è così interessante il cinema indipendente?

La freschezza delle proposte. Quando l’artista è agli inizi della sua carriera ha tanta voglia di sperimentare. Questo entusiasmo lo porta ad una libertà di idee e di schemi talvolta difficili da rintracciare dopo anni di carriera. Al cinema indipendente sardo sono passati molti autori che oggi si stanno distinguendo alla grande nel panorama cinematografico nazionale ed internazionale. Ricordo ancora il film “Il leone” di Paolo Zucca (Quest’anno al Festival di Venezia con il suo “L’arbitro” con Stefano Accorsi, N.d.R.). Quando l’ho visto ho pensato: “Questo ragazzo ha talento!” e non mi sono sbagliata. Aveva qualcosa di particolare nel suo modo di esprimersi registicamente. Si merita il successo e la fortuna che sta seminando. Come lui potrei citare diversi altri autori e la cosa ci può solo far piacere.

Per un appassionato che non ha potuto vedere quest’ultima edizione o che non l’ha mai vista: che cosa si è perso?

Entrambe le giornate perché sono diverse. La prima è dedicata agli autori sardi, e quindi è assolutamente imperdibile. I film sono belli e il pubblico si diverte. Inoltre quest’anno c’è una nuova sfida: è nata JANAS TV, la web tv culturale che dà spazio ad un palinsesto davvero vario di programmi ed eventi video. Seguire le puntate su Janas Tv è semplice, gratuito e alla portata di tutti: basta cercarla su You Tube e cliccare il pulsante Iscriviti. Tutte le puntate sono scaricabili e condivisibili, un modo veloce ed eccellente di condividere la cultura e presto anche il cinema indipendente sardo. Il secondo giorno è per il mondo dei cartoon. Sono splendide “chicche”, proposte da autori che provengono da tutto il mondo, e poi c’è pane e nutella per grandi e piccini. Questo spazio dedicato ai più piccoli in realtà è una bella occasione anche per il pubblico adulto.

Come mai la scelta di sostenere proprio Elio Moncelsi, autore di “Ebrei in Sardegna: segni e disegni”?

Il cinema ha un legame strettissimo con la scrittura ma anche con lo storyboard, quindi con il disegno in senso stretto. Elio Moncelsi ha realizzato un’opera culturale con una ricerca storica dettagliata e minuziosa, resa straordinaria dai moltissimi disegni che la accompagnano. Moncelsi nasce come pittore ed è un profondo conoscitore della storia di una delle pagine più dolorose della nostra terra e del mondo. Questa idea è nata come sperimentazione.. Ci piacerebbe ogni anno ospitare uno scrittore indipendente. Magari chissà, a qualche giovane autore potrà venir voglia di farne un film!

Com’è lo stato del cinema in Sardegna? E’ possibile vivere solo di cinema?

La condizione del cinema in Sardegna è lo specchio di quanto accade da troppi anni in tutta Italia. La gran parte dei lavoratori ha difficoltà a vivere praticando un mestiere definito artistico o culturale. Per questa ragione, nel tentativo estremo di far sentire la nostra voce, è nata l’associazione Moviementu, che personalmente invito a seguire e sostenere.

Grazie alle nuove tecnologie oggi molti giovani fanno video, qualcuno di loro diventa filmaker. E infatti in tutta Italia, ma anche in Sardegna, è tutto un pullulare di Festival di cortometraggi

Il filmaker è l’evoluzione permessa dall’avvento del digitale e delle produzioni lowbudget. Non smetterò mai di ringraziare chi ha dato l’opportunità ai giovani di avvicinarsi a questo fantastico mondo creativo. Oggi, per abbattere i costi, diventa importante possedere più specializzazioni. Dalla scrittura all’organizzazione, dalle riprese al montaggio, dalla direzione della fotografia alla color correction e così via. Il filmaker ha una preparazione o un’esperienza a 360 gradi e non significa che la esprime lavorando in solitudine. Spesso condivide e confronta il suo sapere con altri giovani che assieme a lui formano una piccola equipe di lavoro. Sono felice che ci siano sempre più festival, perché è importante che il cinema indipendente veicoli il lavoro dei registi indipendenti e degli emergenti. In Sardegna ci sono tantissimi piccoli comuni che non hanno mai ospitato nessuna rassegna di cinema indipendente, perciò ritengo che quello dei festival piccoli e grandi sia la risposta a una necessità culturale e territoriale.

Tu sei nata a Nuoro e risiedi in Sardegna?

Sì. Ovviamente mi capita spesso di spostarmi per lavoro, e questo è il bello del mio lavoro.

Trovi che la Sardegna sia particolarmente “cinegenica”?

La Sardegna è meravigliosa. Anche i ciechi se ne accorgono. Il cinema gode di panorami unici, di possibilità antropologiche rare e preziose. La gente sarda, così come le terre che la caratterizzano, è varia e per questo interessante. Si può girare tutto in Sardegna, non solamente storie a connotazione regionale. Le produzioni estere e nazionali dovrebbero fare a gara per lavorare qui. E’ la politica che ancora non ha capito le potenzialità dell’industria cinematografica e la grande ricaduta economica in termini di lavoro e prestigio.

Quando ti sei innamorata del cinema avevi un tuo regista preferito? E’ lo stesso di oggi?

Pedro Almodovar. Si, mi è sempre piaciuto. Lo trovo particolare, intenso, vivo. Amo il colore dei suoi film e le rughe di espressione dei suoi attori. Da adolescente al cinema “Le Grazie” avevano proiettato “Tacchi a spillo” ed il film scandalizzò il prete che gestiva il cinema. Ignaro di tutto quell’eros, tentò (senza riuscirci) di impedirne la proiezione..

Un sogno che si avvera: con la bacchetta magica un suggerimento/proposta di Pj Gambioli viene accolto interamente dalla Giunta Regionale. Cosa possono fare le istituzioni per aiutare e sostenere il settore cinema e audiovisivi in generale.

Meritocrazia, capacità di ascolto, amore vero nei confronti della propria terra e della propria gente. Partendo da questi presupposti, si può fare qualunque cosa in qualsiasi campo.

Nei tuoi corti , nelle tue opere, ci sono tematiche diverse. Una è però la vena documentaristica legata alla tua terra…da “Bisos de Janas” ai corti dedicati alle tradizioni e ai mestieri antichi della Sardegna. L’altro polo sono le donne…

Sì, il legame con la mia terra è fortissimo ma non ne sono schiava, appena posso viaggio e mi confronto professionalmente e personalmente. Le donne, i diritti, la tutela! È sufficiente leggere il giornale per capire quanto ancora c’è da fare! E non è mai abbastanza, purtroppo!

Hai realizzato anche un corto sulla violenza sulle donne un tema che oggi forse non è meno attuale del 2007, si intitolava “Bestie”. Sei stata in un certo senso pioniera…

“Bestie” è uno dei lavori più dolorosi. E’ tratto da una storia vera, la voce fuori campo è quella della donna che è stata davvero stuprata. Ricordo che il testo l’ho scritto assieme a lei, e mentre parlava non ho potuto trattenere le lacrime. L’argomento è attuale purtroppo e le leggi spesso non vengono applicate abbastanza. La violenza sulle donne è un’onta, un insulto che si riversa su tutta la società.

Massimiliano Lasio