I bambini devono prima saper leggere o camminare?
Nel mondo dello sport, la fine degli anni settanta e tutti gli anni ottanta, sono stati caratterizzati da un gran dibattito, che cercava di definire l’itinerario didattico dell’educazione motoria, al fine di far comprendere a tutto il mondo pedagogico –didattico, come tale disciplina, dal punto di vista pratico, fosse parte integrante dello sviluppo della personalità del bambino. I legislatori, nei programmi scolastici hanno sempre operato al fine di “far apparire” l’educazione motoria con pari dignità alle discipline cognitive, ma in periferia è sempre stato difficile applicare tali programmi perché da sempre le discipline cognitive sono poste come priorità: è meglio che i bambini imparino a leggere, a scrivere ed a fare i conti, prima di imparare a camminare, a correre, a saltare… e se non sanno muoversi, e comunque meglio che sappiano leggere, scrivere…
Gli operatori scolastici di base sanno, visto che sia la psicologia che la pedagogia moderne lo hanno ormai appurato, che tutte le aeree della personalità e quindi anche le discipline scolastiche devono evolvere in sintonia e simbiosi tra di loro:è meglio che i bambini a leggere, a scrivere ed a fare i conti, mentre imparano a camminare, a correre, a saltare e, se non sanno muoversi, è bene fermarsi come ci si ferma quando non sanno leggere, scrivere, e riportagli ad un livello adeguato all’età considerata.
Oggi l’itinerario didattico dell’Educazione Motoria è ormai definito ed accettato sia da chi opera nelle società sportive e poiché i bambini che frequentano questi due enti educativi sono gli stessi, gli interventi di tipo motorio che si attiveranno saranno gli stessi mirati a raggiungere gli stessi seguenti obiettivi:
1) obiettivo istituzionale cioè sviluppo unitario della personalità
2) obiettivo generali dell’educazione motoria cioè sviluppo degli schemi motori di base che, attraverso l’ ampliamento delle capacità percettive, coordinative e condizionali evolvono nelle abilità delle varie attività sia sportive che della vita di relazione.
La diversità operativa dei due enti (scuola e società sportiva), inizia solo nel momento in cui occorre automatizzare le tecniche sportive in modo marcato. L’azione didattica quindi, deve adattarsi alle caratteristiche individuali degli allievi, per potenziare le capacità manifestatesi, recuperare le funzionalità deficitarie e mobilitare le potenzialità latenti. I segnali in questa direzione sono molteplici, non ultimo il protocollo d’ intesa stilato fra Ministero della Pubblica Istruzione e varie Federazioni, in cui si auspica una più vasta diffusione della pratica sportiva in ambito scolastico, mirata ad un coinvolgimento generalizzato degli studenti, attraverso interventi corretti dal punto di vista educativo- didattico.
Di Costantino Mazzanobile