Tiziana Mori: una donna in prima fila per tutelare i diritti dell’infanzia, e non solo

 

Tiziana Mori
Tiziana Mori

Giurista e ricercatrice specializzata in Promozione e tutela dei diritti dell’infanzia (PhD), presso Università degli studi del Molise, la Dottoressa Tiziana Mori dal 2000 svolge collaborazioni e docenze come esperto in tutela dei diritti umani e dei diritti dell’infanzia in Corsi universitari, Seminari, Master e Laboratori didattici per le Scuole.

Sono innumerevoli gli ambiti della sua ricerca: tutela dei diritti umani (gruppi vulnerabili); diritto internazionale penale; diritto di famiglia; promozione e tutela dei diritti dell’infanzia; diritti umani e sviluppo sostenibile; diritto dell’Unione Europea e organizzazione internazionale; tutela dei migranti; mediazione culturale e familiare; immigrati; diritto ambientale; progettazione culturale europea.

Un impegno a tutto campo, anche come autrice di numerosi saggi in materia di tutela dell’infanzia e di rispetto dei diritti umani, alcuni dei quali consultabili sul sito www.psicologiagiuridica.com(archivio 2005-adozione internazionale di minori; legal kidnapping), negli ultimi anni si è occupa di Europrogettazione e fa parte del corpo docente al Corso ONA (operatore naturalistico ambientale) dell’Università di Cagliari.

È la responsabile regionale per la Sardegna dell’Ong COOPI (Ufficio Comunicazione e fundraising), organizzazione laica ed indipendente che dal 1965 lotta contro ogni forma di povertà nel mondo; si interessa di migrazioni ambientali e normativa a tutela dei minori e famiglie immigrate.

Dal 2013 collabora con il quotidiano on line Cagliari Globalist curando la rubrica sul Terzo settore in Sardegna.

Rivista Donna l’ha incontrata.

Parlaci di te e del tuo percorso…

Da piccola una grande passione per la scrittura e un forte desiderio: volevo diventare scrittrice o giornalista. La mia fonte di ispirazione è fin da bambina, Jo, una delle quattro sorelle March protagoniste del romanzo “Piccole Donne”. Crescendo ho focalizzato la mia attenzione sulla difesa dei diritti e dei più deboli. Un forte senso della giustizia mi ha spinta a intraprendere gli studi giuridici. Sono una persona poliedrica e la mia passione per la conoscenza è grande. Oggi ho 41 anni, mi sono laureata in giurisprudenza con una tesi sul diritto internazionale penale. Il mio è un percorso sempre rivolto ai diritti umani e alla tutela dell’infanzia. Ho iniziato la mia prima esperienza all’Unicef come tutor didattico e nel campo della ricerca. Ho collaborato come, tutor didattico e cultore della materia alla cattedra di Diritto internazionale, Unione Europea ed Organizzazione Internazionale dell’Università degli Studi di Cagliari. La mia famiglia antinazista ha lottato sempre per la libertà. Gli ideali dei miei genitori e i racconti dei mie nonni sulla guerra e sull’antisemitismo, hanno influito tantissimo nella mia realizzazione professionale.

Ho fatto numerosi viaggi nei paesi scandinavi e frequentato l’università di Roskilde dove vi sono alcuni dei padri fondatori della sociologia dell’infanzia. Qui ho imparato e studiato anche la statistica, la demografia, necessarie per poter leggere i dati e capire i fenomeni delle politiche sociali e dell’infanzia nella loro interezza, oltre ad una conoscenza più ampia della giurisdizione in materia di diritti umani e dell’infanzia. 

Quale il tuo contributo nella scuola?

Attraverso lo studio e la ricerca ho avviato un corso nelle scuole medie in Sardegna che ha cercato di colmare le lacune nelle scuole. Si trattava di un corso sulla promozione e tutela dei diritti dell’infanzia attraverso un excursus storico e giuridico, passando attraverso l’insegnamento dei diritti umani (il tutto attraverso metodiche di insegnamento come il lavoro di gruppi, laboratori didattici, focus group, giochi di ruolo, per consentire un approccio anche operativo allo studio della materia tramite le classiche lectio magistralis). All’interno del suddetto corso ho cercato di stimolare i ragazzi a comprendere appieno che i bisogni primari e i diritti che vivono nella loro quotidianità, non sono scontati, sopratutto durante l’analisi dei focus sui paesi in via di sviluppo, dove operano grandi organizzazioni non governative e agenzie delle Nazioni Unite.

I bambini stessi potevano così, diventare piccoli testimoni e promotori dei diritti dell’infanzia, divenendo anche volontari per un giorno, collaborando con alcune realtà del non profit, e mettendo in pratica quanto avevano imparato durante il corso.

Cosa è Coopi?

Acronimo di cooperazione internazionale, è un’organizzazione  Non Governativa italiana, laica ed indipendente, che lotta contro ogni forma di povertà per migliorare il mondo. Fondata a Milano nel 1965 da Vincenzo Barbieri, COOPI è una Fondazione ufficialmente riconosciuta dal Ministero Affari Esteri come ONG (Organizzazione Non governativa per la cooperazione e lo Sviluppo) — ai sensi della Legge 26.02.1987 n. 49, ed è anche una Onlus (Organizzazione Non lucrativa di Utilità sociale) — ai sensi del D. Lgs. 4.12.1997 n. 460. E’ inoltre iscritta nel registro delle persone giuridiche della Prefettura di Milano.

L’associazione interviene in Africa, America Latina e Medio Oriente attraverso progetti che integrano diversi settori: agricoltura, formazione, salute, acqua e igiene, servizi socio-economici, assistenza umanitaria, diritti umani e migrazioni. Solo nel 2009 COOPI ha realizzato 193 progetti in 23 paesi del Sud del mondo, raggiungendo 4,9 milioni di beneficiari ed ha condotto 28 progetti di sostegno a distanza in 6 paesi (Perù, Repubblica Centrafricana, Uganda, Sierra Leone, Senegal, Etiopia) aiutando 1.891 bambini.
COOPI è presente anche in Italia attraverso le campagne di educazione allo sviluppo, sensibilizzazione e raccolta fondi, l’impegno dei volontari, la promozione del Master di Cooperazione allo sviluppo dell’Università di Pavia, e la partecipazione tra gli altri a Link 2007 e AGIRE (Agenzia Italiana di Risposta alle Emergenze). Il bilancio 2011, visionato e certificato da un’agenzia esterna di audit, ammonta a circa 43.623.931 milioni di euro, di cui il 94% è stato destinato agli interventi nel Sud del mondo, mentre il 6% per finanziare la struttura.
COOPI ama definirsi una “Ong del fare” che si avvale della professionalità di 63 collaboratori in Italia, 162 espatriati e oltra 1.000 operatori locali.
Dal 1965 ad oggi ha raggiunto 50 paesi, realizzato 700 progetti di sviluppo ed emergenza, coinvolto 50.000 operatori locali, assicurando un beneficio diretto a 60 milioni di persone.

La sede sarda di Coopi, di cui sono la Responsabile, è stata aperta nel 2010 e da allora, organizziamo nel territorio sardo diverse attività: alcune, tese a finanziare i progetti internazionali , tramite appunto attività di fundraising o di face to face (ad esempio passando dalle cene solidali allo yoga solidale, per arrivare a sponsorizzare Corsi Universitari come il Corso SIDU-Sicurezza Internazionale e diritti umani), altre dirette a formare nel territorio sardo i futuri cooperanti ed i professionisti del Terzo settore (progettisti, comunicatori, esperti in ambito di adozioni a distanza -SAD-, per citarne alcuni).

Coopi è partner fondatore di diversi progetti, di cui uno che sta per concludersi quello finanziato dalla Fondazione con il sud, conosciuto come progetto “Reti”, che ha come obiettivo costituire un partenariato stabile ed operativo tra tutte le associazioni non profit sarde che si occupino, in via principale della cooperazione e solidarietà internazionale (per detto progetto, io mi occupo dell’ambito relativo alla formazione, insegnando ai corsi seminariali dello stesso).

 

Tra gli obiettivi che mi propongo di realizzare a breve termine, c’è l’ideazione di un Master Universitario di II livello in Cooperazione Internazionale, per consentire a tanti giovani di formarsi anche in sardegna, e non dovere più spostarsi per specializzarsi; sarà altresì, mia cura, prevedere che i corsisti siano inseriti in processi di placement ben identificati e fattivi, con il supporto locale di tutor aziendali e universitari.

Cio servirà a colmare il gap da sempre esistente in Sardegna, tra richiesta e offerta di lavoro in tali ambiti, altamente professionalizzanti.

Come si può aiutare un bambino nel concreto?

Al di là dell’adozione internazionale, che sicuramente è uno strumento più conosciuto, ma accessibile ad un numero limitato di famiglie adottive, visti anche i suoi costi, nell’ambito del non profit si può aiutare un bambino anche con una cd. Adozione a distanza.

Essa permette a un bambino di ricevere un’alimentazione adeguata e cure mediche, di andare a scuola e di essere protetto da ogni forma di violenza o sfruttamento. I beneficiari sono i bambini che non hanno nulla, provenienti da famiglie che vivono in condizioni di povertà estrema, oppure orfani, bimbi abbandonati o ancora gli ultimi degli ultimi: i bambini disabili.

Attraverso informazioni costanti si può seguire da vicino la crescita del bambino e gli sviluppi degli interventi della associazioni che se ne occupa, quali: aggiornamenti, fotografie, disegni e lettere da parte del piccolo.

Io inoltre, suggerisco a chi voglia dare un aiuto concreto, di non limitarsi a compilare il bollettino postale inviando la donazione, ma di entrare a far parte e a conoscere le organizzazione non profit, e capire bene come si adoperino. Verificare tutte le associazioni, inoltre consente di capire come poter essere d’aiuto,e di dare una mano anche per ideare eventi di raccolta fondi in loco: tutto può essere reso solidale con lo spirto giusto. Non bisogna dare solo dei contributi in denaro ma, se vogliamo migliorare il mondo dobbiamo essere d’esempio, mettendoci anche “la faccia” e dedicando del tempo a chi è meno fortunato di noi.

Come concili vita e lavoro?

Bella domanda! Per me le due cose non sono affatto scisse. Per cui applico ciò che faccio per lavoro a casa. Sono fortunata avendo un compagno con cui condivido veramente tutto. Mio figlio e mio marito sono i miei complici, e tifano per me. Sono sempre stata una persona molto curiosa e il mio motto è “Carpe Diem”. Cerco di trasmettere tutto questo a mio figlio: l’amore per la conoscenza, la flessibilità, l’essere poliedrici in una società odierna in cui gli stereotipi di una volta non ci sono più. Non bisogna mai chiudersi in un ruolo. Non l’ho mai fatto, e ho bisogno di mettermi continuamente alla prova, di affrontare grandi sfide, di conoscere e di confrontarmi. La mia mission personale è trasmettere tutto il mio background a mio figlio e ai giovani cittadini in erba, cercando di garantirgli un futuro ricco di soddisfazioni e nel rispetto e riscoperta dei valori fondamentali della vita, come il rispetto dell’altro.

Patrizia Floris