Breve storia del sapone
Nei tempi antichi non esisteva il sapone come lo intendiamo oggi e la sua comparsa risale ai primi del 600.
I popoli antichi si servivano di piante, dalle radici delle “saponarie” e dalla terra dei “lavandai”, o terra da follone, che altro non era se non una argilla: i Greci infatti usavano l’argilla per sbiancare le lane e Plinio racconta che i Romani avevano due censori addetti ad ispezionare i folloni ove era obbligatorio usarla. Veniva pure usata la bile impastata con cenere o, presso i Teutoni, il grasso di capra bollito con cenere.
Solo con la nascita dell’industria saponaria, nel XVI sec. A Genova e Marsiglia, si potè parlare di vero e proprio sapone. Verso la fine del 700 il francese Claude Berthollet scoprì l’effetto candeggiante del Eau de Javelle, la candeggina. Si scoprì in seguito l’effetto sbiancante di un colorante azzurro capace di coprire il tono giallastro presente allora in ogni tessuto e questo prodotto fu soppiantato, nel 1835, dell’Ultramin, colorante sintetico messo a punto dal chimico tedesco Leverkusen.
Questa scoperta segnò l’inizio di un prepotente ricorso alla chimica durato sino ai primi anni 60, periodo in cui si scoprì che erano proprio i detersivi difficilmente biodegradabili i maggiori responsabili dell’inquinamento delle acque e della formazione di schiuma sulla superficie dei fiumi e dei mari.
Costantino Mazzanobile