Elisa D’auria una pianista travolgente che incanta il pubblico con la sua musica
Elisa D’auria, è un vero prodigio del pianoforte. Un talento indiscusso che le ha permesso di ottenere numerosi riconoscimenti artistici.
Ha varcato i palcoscenico del mondo. E’ arrivata anche in Sardegna e, si è esibita al Teatro Massimo, dove il pubblico l’ha accolta con entusiasmo.
Elisa è nata a Salerno; a cinque anni ha intrapreso lo studio del pianoforte con sua madre, proseguendolo poi con Edda Ponti al Conservatorio di Milano, dove si è diplomata diciassettenne e ha conseguito la Laurea di II livello in discipline musicali con il massimo dei voti e la lode. Ha avuto il privilegio di ricevere i preziosi insegnamenti di Maria João Pires. Nel 2004 si è diplomata in clavicembalo e tastiere storiche con Marina Mauriello al Conservatorio di Milano con il massimo dei voti, la lode e la menzione d’onore.
Il suo talento le ha permesso di mettersi in luce giovanissima sulla scena internazionale: nel 1996 esordisce suonando in eurovisione in qualità di vincitrice della selezione italiana del prestigioso concorso “Premio Mozart”. Nel 2013 ha vinto il primo premio al “Bradshaw and Buono International Piano Competition” di New York. E’ stata premiata, inoltre, in più di quaranta concorsi nazionali e internazionali in Italia e all’estero, tra cui “Vulaines sur Seine International Piano Competition” (2014), “Debut International Piano Competition” (2014), “Baltic International Piano Competition” (2013),“Hastings International Piano Concerto Competition” (2012) , “Chopin–Schumann Piano Competition” (2010), “Vila de Capdepera International Piano Competition” (2008), “Anton Rubinstein International Piano Competition” (2000). Nel 2008 le è stato conferito il “Premio Marco Koliqi”.
Elisa è uno degli otto pianisti selezionati in tutto il mondo per partecipare al “MAW Summer Festival” che si terrà nel Luglio 2014 in California.
Rivista Donna l’ha incontrata.
Come nasce la passione per la musica?
La mia passione per la musica nasce molto presto: mi hanno raccontato che a quattro anni già provavo a riprodurre al pianoforte dei famosi jingle pubblicitari e a cinque ho cominciato a studiare in maniera più regolare con mia madre, pianista e insegnante. Dopo pochi mesi ho affrontato il mio primo concorso nazionale e da lì non mi sono più fermata.
Cosa è per te la musica ?
La musica rappresenta per me un bisogno primario, una parte indispensabile e intoccabile della mia vita. Tutti i momenti più importanti della mia esistenza sono sempre legati a una sorta di ideale colonna sonora che associo più o meno inconsciamente ai frammenti della mia quotidianità. La musica riesce addirittura a influire sul mio umore, migliorandolo nei momenti di stanchezza e consentendomi di mantenere sempre alto il livello di energia e di entusiasmo.
A cosa hai dovuto rinunciare per il pianoforte?
Lo studio del pianoforte richiede senz’altro dei piccoli sacrifici, ma non li ho mai percepiti come delle rinunce. Le ore di studio giornaliere, dopo un po’, diventano routine e i lunghi viaggi fatti per completare i miei studi mi hanno dato, comunque, modo di conoscere moltissimi luoghi in Italia e all’estero che altrimenti non avrei mai visitato. Posso senz’altro dire di essere fortunata perché ho avuto sempre l’appoggio e il sostegno di tutta la mia famiglia che ha condiviso con me gioie e dolori di un percorso artistico che non tutti, oggi, hanno la possibilità di intraprendere.
Hai vinto i prestigioso “Premio Mozart” cosa rappresenta per te?
Il “Premio Mozart” ha rappresentato per me un momento di crescita enorme, perché, sebbene fossi giovanissima, mi ha dato l’opportunità di suonare al Palazzo dei Congressi di Montercarlo in Eurovisione per un pubblico vastissimo. La consapevolezza di essere ascoltata da milioni di persone può essere terrificante o meravigliosa: per fortuna quando si è poco più che bambini prevale sempre la passione per ciò che si fa: ricordo una grande emozione durante l’esecuzione, seguita però da altrettanta soddisfazione nel constatare che il risultato era stato raggiunto!
Pianisti talentuosi si nasce o si diventa?
Nella mia visione, pianisti talentuosi si nasce e si diventa. Premetto che consiglierei a tutti di studiare uno strumento musicale, anche solo per i vantaggi che se ne traggono in termini di equilibrio, disciplina, coordinazione fisica e mentale. Ovviamente, per intraprendere un percorso professionale, occorrono delle doti naturali. Rimango, però, convinta che le qualità più importanti non siano quelle squisitamente pianistiche, tecniche o musicali, ma piuttosto l’amore e la dedizione che si è costantemente in grado di riservare allo studio, la disponibilità ad’affrontare grandi e piccoli ostacoli e il coraggio di superarli.
Quando suoni cosa vuoi comunicare al pubblico?
Ogni volta che ho l’opportunità di suonare in pubblico mi sento privilegiata e mi auguro che tutti possano percepire la mia gioia e la mia gratitudine per avere la possibilità di condividere con tante persone un momento per me così speciale. Per quanto concerne l’aspetto puramente musicale, cerco sempre di identificare nei brani che suono un messaggio o, più semplicemente, un’intenzione poetica che possa essere attribuita al compositore. Attraverso lo studio e l’approfondimento, cerco di rendere quest’intenzione quanto più possibile chiara e intellegibile per gli ascoltatori. Credo che noi interpreti abbiamo delle precise responsabilità nei confronti degli autori che decidiamo di suonare: spesso ci mettiamo alla prova con dei veri e propri capolavori ed è giusto che siano affrontati con il rispetto e l’attenzione che meritano.
Cosa non deve mai mancare a un musicista?
La prima risposta che mi viene in mente: una valigia sempre pronta! Scherzi a parte, ciò che non deve mai mancare sul serio è la voglia di ritornare al proprio strumento, ogni mattina, e cominciare a studiare. Siamo certamente dei privilegiati perchè, in generale, noi musicisti abbiamo voluto fortemente dedicarci al nostro strumento e, di solito, si tratta di una scelta di vita che ci rende felici e appagati, nonostante le difficoltà. Ogni giorno per noi c’è una nuova sfida da fronteggiare, nuovi obiettivi da raggiungere: mi rendo conto che talvolta perseguiamo un ideale di perfezione che non appartiene alla vita reale, ma che è un po’ il motore del nostro lavoro.
Hai varcato i palcoscenici del mondo ma c’è un luogo speciale in cui vorresti suonare?
Devo dire che non sempre il palcoscenico più prestigioso è necessariamente quello più emozionante. Ho suonato due volte alla Carnegie Hall di New York, un mio sogno fin dall’infanzia, e sono state, naturalmente, delle esperienze professionali esaltanti, ma altrettanto meraviglioso si è rivelato per me, ad esempio, partecipare al progetto di Donatori di Musica e suonare nei reparti di Oncologia di alcuni ospedali italiani per un pubblico composto da pazienti e personale medico: al termine di questi concerti, mi sono sentita veramente arricchita e ho riscoperto, ancora una volta, il potere terapeutico, consolatorio, aggregante e motivante della musica di cui non dovremmo mai dimenticare l’importante funzione sociale. Detto questo, se dovessi indicare un luogo speciale in cui non ho ancora avuto la fortuna di suonare, ma dove spero prima o poi di arrivare, è il Teatro alla Scala di Milano, la città in cui vivo.
Quale compositore rispecchia di più la tua personalità?
E’ molto difficile scegliere un solo compositore che mi rispecchi, poiché in gran parte della musica che suono ritrovo tratti di me stessa. In generale, però, credo che, più di tutti gli altri, Chopin e Schumann siano autori molto vicini alla mia sensibilità e al mio modo di essere: nelle loro opere riconosco momenti di inquietudine e fragilità, ma anche una forte vocazione lirica e drammatica e un grande slancio verso la vita.
Ti sei esibita al teatro massimo di Cagliari come ti ha accolta il pubblico?
Il pubblico cagliaritano è estremamente generoso: il mio concerto al Teatro Massimo è stato accolto con un entusiasmo e un calore che mi hanno letteralmente commossa! A tal proposito, desidero ringraziare moltissimo la Professoressa Lucia Avallone, presidente degli Amici della Musica di Cagliari, che, con il suo invito, mi ha permesso di suonare in una Stagione di assoluto prestigio e valore storico e, soprattutto, di beneficiare della suggestiva atmosfera del Teatro Massimo e del suo affettuoso pubblico.
Tornerai in Sardegna?
Lo spero ardentemente! Mi auguro di tornare presto, anche perché è scattata subito una forte empatia con gli abitanti di questa splendida regione e credo che queste sensazioni siano molto importanti. La Sardegna è una terra bellissima, accogliente e ospitale, in cui mi sono sentita immediatamente a casa: del resto le mie origini sono salernitane e il mare rappresenta, senz’altro, il mio elemento naturale preferito!
Cosa consigli ad un aspirante pianista?
E’ molto difficile dare dei suggerimenti perché i percorsi artistici sono molto personali, seguono delle linee autonome che li rendono speciali ed esclusivi: non sempre scelte vincenti per alcuni si rivelano altrettanto indovinate per altri. In generale, consiglierei di armarsi di pazienza e determinazione, di non arrendersi innanzi alle difficoltà, ma, anzi, di perseverare. Il lavoro di un pianista è fatto essenzialmente di ricerca ed approfondimento, ma, mentre si trascorrono ore ed ore allo strumento per individuare il suono giusto, lo stile più adeguato o la corretta risoluzione tecnica e musicale di un passaggio, occorre sempre tener presente l’amore per la musica e la passione che ci muovono.
Un sogno da realizzare?
Non so se si possa realizzare, ma il mio grandissimo sogno sarebbe suonare con un’importante orchestra italiana come la Filarmonica della Scala guidata da un direttore straordinario e carismatico come il Maestro Riccardo Chailly. Ma ciò che auguro a me stessa, più di ogni altra cosa, è, tra molti anni, di invecchiare serena, circondata dall’affetto dei miei cari, con la consapevolezza di aver assecondato una vocazione artistica irrinunciabile e di aver riempito la mia vita di musica meravigliosa.