Maria Grazia Calligaris : Carcere e affollamento
Il nostro paese ha le quote più basse di donne detenute, al di sotto della media europea, trovandosi sotto Slovenia e Danimarca. La popolazione femminile rimane comunque minoritaria in tutti i paesi dell’UE. Le donne detenute lavoranti nelle strutture penitenziarie sono aumentate notevolmente dal 2000 al 2011 raggiungendo un incremento del 41,4% paragonato all’ 8% raggiunto dagli uomini nello stesso lasso di tempo. Non solo le donne non hanno influito nel sovraffollamento carcerario attuale, ma si sono impegnate per superare il divario che si crea tra detenuto e società.
Il sovraffollamento delle carceri in Italia interessa soprattutto il genere maschile che corrisponde al 95,8 % dei detenuti.
Dagli anni 80 ad oggi la percentuale di detenuti nelle carceri è cresciuta esponenzialmente, tanto che, secondo dati Istat, ci sono 146 detenuti su 100 posti letti disponibili in media in Italia.
Nel 2006 con l’entrata in vigore della legge 341 dell’indulto si è cercato di far fronte a questo problema, ma in pochi mesi le carceri si sono riaffollate. Un gran numero di detenuti che hanno usufruito di questa legge sono tornati in cella.
Al problema del sovraffollamento hanno influito gli stranieri, ma parte di loro si distingue nel superamento dei corsi d’istruzione penitenziaria come dichiarano dati Istat.
La consigliera regionale Lina Lonesu esponente del centro destra Sardegna sottolinea che dato il gran numero di detenuti stranieri presenti nella nostra regione devono avviarsi le relazioni diplomatiche con i governi stranieri per stipulare convenzioni e protocolli d’intesa in materia carceraria. “E’ inoltre necessario attivarsi con i presidenti delle altre Regioni per aprire un tavolo di confronto al fine di trovare soluzioni sia al sovraffollamento sia alla mancata applicazione del principio della territorializzazione della pena”
Sottolinea Lina Lunesu : “Gli edifici sono sovraffollati, le piante organiche della polizia penitenziaria sono del tutto insufficienti, le condizioni igieniche e sanitarie estremamente precarie.In un paese civile le carceri devono essere umane e devono tendere alla rieducazione del detenuto”.
Su questa tematica Maria Grazia Caligaris presidente dell’associazione Socialismo Diritti e Riforme dichiara che a Buoncammino è iniziato il conto alla rovescia in attesa dell’apertura del “villaggio penitenziario” situato a Uta a 20 km dal capoluogo e nel frattempo sono stati tradotti nel carcere di Sassari tutti quei cittadini immigrati che non effettuano regolari colloqui con i familiari o quei detenuti sassaresi che finalmente potranno stare vicino ai parenti. La presidente di SdR sottolinea che “La corrispondenza costituisce per molti detenuti l’unico strumento di comunicazione con i familiari e con il mondo esterno. La ritardata e talvolta mancata consegna delle lettere genera quindi uno stato d’ansia e in alcuni casi, quando si tratta d’ informazioni relative a pratiche pensionistiche o giudiziarie, perfino un danno.“
“Dovranno essere tradotti i cittadini privati della libertà in regime di alta sicurezza. Si tratta di detenuti prevalentemente siciliani, calabresi e napoletani ai quali si aggiungono quelli sardi. Saranno assegnati solo negli Istituti dove sono previste le apposite sezioni attivate attualmente a Massama-Oristano e Nuchis-Tempio. In questi casi i trasferimenti saranno vissuti con particolare apprensione oltre che dai ristretti, anche dai familiari per le difficoltà di raggiungere le sedi per poter fare i colloqui. Particolarmente complessa invece la traduzione dei ricoverati nel Centro Diagnostico Terapeutico che nei casi più gravi devono essere accompagnati dai medici.”
La Caligaris conclude affermando che: “Buoncammino vedrà ridurre la presenza di circa 150 unità raggiungendo un numero di ristretti tra 250 e 300. Con l’avvio dei trasferimenti è iniziata dopo due secoli la nuova era della detenzione lontano dalla città capoluogo di Provincia dando vita a un nuovo corso carico di aspettative ma anche di molte perplessità.”.
Quest’anno per sopperire al perdurare del sovraffollamento delle carceri e per fronteggiare le situazioni contingenti legate alla inadeguatezza delle strutture penitenziarie il presidente Napolitano nell’ incipit del decreto 78 “svuota carceri”, scrive: “[..] la Corte europea dei diritti dell’uomo, con la sentenza 8 gennaio 2013, Torreggiani e altri c. Italia, ha assegnato allo Stato italiano il termine di un anno entro cui procedere all’adozione delle misure necessarie a porre rimedio alla constatata violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che sancisce il divieto di pene o trattamenti inumani o degradanti;[…]”
L’Italia ha i minuti contati; non si possono ritenere efficaci rimedi “tampone”, ma si pensa si debbano trovare soluzioni che pongano degli argini duraturi al problema carceri nel nostro paese. Alternative efficaci possono essere l’amnistia, il riutilizzo di strutture in disuso, pene alternative che stabiliscano forme di impegno a favore della società o la ristrutturazione delle prigioni già esistenti.
Ogni regione dovrebbe sfruttare i propri requisiti per aiutare il governo nei doveri che lo Stato ha nei confronti dell’Europa. In Sardegna i trasferimenti potrebbero essere un primo passo verso la civilizzazione.
Marta Floris