Natascia Capurro sfumature jazz in lingua sarda

Rivista Donna ha incontrato e intervistato per voi, Natascia Capurro voce solista dei Solkinos.

nat calasetta sol

Come la musica è entrata nella tua vita?

La musica è “un’entità” senza “tempo”. Posso dire che per vari motivi la mia vita apparentemente ha preso strade diverse rispetto alla Musica. Eppure mi ha sempre ritrovata perché in realtà non mi ha mai lasciata. Il respiro è musica, la vita è musica.

Cosa è la musica per te?

La musica è vita perché pienezza, tempo senza tempo, è l’eterno esistere. È metamorfosi, energia. È la traccia della nostra esistenza, la nostra orma.

foto gruppo Solkinos

Cosa rende unico il progetto musicale Solkinos?

L’unicità del progetto Solkinos è nella mente, nel cuore e nell’anima dell’ascoltatore. Io e il mio gruppo ci identifichiamo in esso come proposta musicale che seduce e accompagna l’ascoltatore in un viaggio. È in tal senso un proporsi “non violento ne aggressivo”. Un viaggio che sa di antico ma che da esso si disancora per proporsi ad una realtà di più ampio respiro. È una musica “arcaica” che si propone di percorrere le note e le sfumature raffinate del jazz. L’improvvisazione del jazz dove tutto è dettagliatamente curato e si incastona in sonorità tipiche delle parole sarde (molte delle quali ormai in disuso). È un progetto che permette, anche a chi non è sardo, di avvicinarsi alla cultura alla lingua sarda, con curiosità e stupore.

 

Cosa rappresenta per te la Sardegna e la lingua sarda?

La Sardegna innanzitutto è il luogo dove sono nata e cresciuta: fonte delle mie ispirazioni. In questo mi reputo molto fortunata. La lingua sarda è l’eco arcaico di chi ha creato e tramandato un’ identità forte e fiera. E questo rispecchia la mia personalità. Mi reputo una persona che non si arrende difronte alle avversità della vita. Sono determinata. Ma una determinazione sana. Priva di illogicità. Legata ai forti valori della mia terra una tra i primi: quello di credere in se stessi e nella meritocrazia.

Cosa accomuna il jazz e la musica sarda?

Pensando al jazz, possiamo per associazione richiamare il senso dell’improvvisazione, la poliritmia, l’utilizzo della sincope e di note swing e di blue note. Credo che anche nella musica sarda possiamo ritrovare questi elementi, esplorati in modalità apparentemente diverse. Possiamo pensare i “poeti improvvisatori” del mondo della musica popolare sarda. Dove il sardo viene utilizzato per i componimenti in rima improvvisati.
Di fatto dietro questa improvvisazione, vi è uno studio approfondito di tematiche storiche rilevanti. E quello che vedo in queste due realtà è che entrambe, come facciamo noi nel quotidiano, si propongono di sfidare le “avversità” della “vita”. E nulla è mai uguale al precedente. Mi piace attribuire ad essere il pensiero di Eraclito, il panta rei, tutto scorre. Ecco ciò che le accomuna, è questo continuo divenire, reinventarsi. È un inno alla Vita in questi tempi così duri e perversi di illogicità e di scelte per la “non vita”.

Quanto la musica ti permette di esprimere la tua personalità?

La musica è un vibrare dentro. È il sentiero della nostra anima più profonda. E per fare musica bisogna saper accogliere dentro di se il “silenzio”. Sono una persona molto solitaria per alcuni versi. Silenziosa. La musica mi permette di esplorare a fondo la mia anima andando oltre quel silenzio che fa parte di me. Un silenzio che in realtà è un modo di “riflettere” e “parlare” con me stessa. Vede, io faccio sempre l’esempio delle barattolo. Le persone sono come barattoli. Più sono vuoti, più fanno rumore. E la musica non è rumore.

Quali tra le tue canzoni ami di più?

Le amo tutte. Perché in realtà rappresentano varie sfumature della vita. Ad es. Cicca sa luna (Cerca la luna), il giorno che è stata incisa, è nata la mia prima nipotina. E da questa esperienza è nata una sorta di ninna nanna. Oppure Bentu ‘e beranu (Vento di Primavera), è un inno alla vita anche quando una persona cara non c’è più, ma cerchiamo di immaginarla accanto a noi in un luogo di sole, come un fiore che si riaffaccia alla vita. Oppure Cantus Antigus (Canti Antichi), mi fa pensare alla piccola casa dei miei nonni materni. Ai giochi fatti all’aperto. Ecc…

Come donna come ti descriveresti?

Sensibile. Raggiante. Leale. Riflessiva in alcuni casi e impulsiva in altri. Un persona autentica. Semplice. Non mi piacciono i troppi fronzoli o la prevaricazione.

La tua soddisfazione più grande?

In questo momento è aver riconquistato fiducia in me stessa. Essermi riappropriata di me stessa. Aver scelto la Vita. La Musica come compagna di Vita. Senza tralasciare tutto il resto.

Un sogno da realizzare?

Portare avanti il mio progetto musicale. Ma nel contempo aprirmi ad altre realtà musicali. Ho già in mente delle cose. Sono già all’opera per questo. Non nego che mi piacerebbe duettare anche con qualche artista del mondo jazz e non. Ultimamente ad esempio sto seguendo con molta curiosità lo splendido lavoro e progetto musicale di Sergio Cammariere (Mano nella mano). Dove per altro ha realizzato il videoclip in Sardegna. Ma chissà…