Roberta Di Lorenzo “Adesso Guardami” il suo nuovo album
Roberta Di Lorenzo cantautrice italiana ha raggiunto la popolarità nel 2012 per aver firmato testo e musiche del brano “E tu lo chiami Dio” interpretato da Eugenio Finardi al festival di Sanremo di quell’anno. Caso unico nella musica italiana per una giovane autrice.
Cresciuta a Termoli, nel 2005 ha esordito nel mondo della musica entrando a far parte del gruppo vocale “L’una e cinque” vincendo numerosi premi di rilevanza internazionale.
Nel 2007 ha conosciuto quello che è il suo attuale produttore Francesco Venuto insieme a Eugenio Finardi che l’ha scelta come supporter per i tour dal vivo delle successive due stagioni.
Il sodalizio artistico con Finardi ha portato alla produzione dell’album d’esordio della cantautrice, intitolato “L’occhio della luna”. Il disco ha ottenuto ottimi consensi da parte della critica, che l’ha definita una rivelazione tra le cantautrici. Ora Roberta ha concluso il lavoro del suo ultimo album “Adesso Guardami” un disco autobiografico, in cui l’autrice attraverso la musica ci accompagna alla scoperta del suo mondo interiore, fatto di scelte, di coraggio di momenti di riflessione per ritrovare sé stessi.
Rivista Donna l’ha incontrata per voi…
Roberta e la musica come nasce questa passione?
Da bambina mi sentivo un emarginato e strano essere, mi sentivo e mi vedevo deformata rispetto al reale, ero mortalmente timida e non parlavo molto, sognavo solo di avere un pianoforte. A 8 anni feci uno sciopero della fame durato solo 24 ore, era la mia piccola rivoluzione ero convinta che questo eroico gesto ( eroico solo nella mia testa) mi avrebbe resa più sicura e diversa.
In realtà passavo più tempo a suonare senza leggere, e non sopportavo gli esercizi, infatti i primi anni studiavo pochissimo, scrivevo canzoni ridicole che a me sembravano emblemi universali.Insomma guardo quella bambina con una tenerezza infinita che ringrazio infinitamente.
Hai raggiunto la popolarità firmando testo e musica del “E tu lo chiami Dio” interpretato da Eugenio Finardi a Sanremo nel 2012. Dove hai trovato l’ispirazione?
“E tu lo chiami Dio” non è stata scritta per Finardi, lui la sentì un giorno per caso e mi disse che era un pezzo forte e che avrebbe funzionato, io non ne ero affatto certa.
Gianni Morandi nell’ ascoltarla ci confermò che si trattava di una canzone importante e la volle a tutti costi sul palco dell’ Ariston. “E tu lo chiami Dio” è un punto di domanda sul senso della nostra esistenza. Io credo che ogni cosa abbia in sé un energia spirituale, spetta a noi coglierla e fonderla con il nostro essere fisico, così ci innalziamo a un livello più nobile di esistenza.
Avevo perso una persona che amavo…solo la musica poteva trasformare il dolore in una nuova possibilità, così mi sono seduta al piano è l’ ho scritta. Tutto qui.
Che emozione hai provato nel comporlo per un così grande artista?
Conoscevo Eugenio dal 2007, non ho fatto fatica a immaginarlo interprete di un mio pezzo, che ha fatto suo in qualche modo, portandolo su quel palco con il suo stile e la sua personalità.
Come hai avuto modo di conoscere Eugenio Finardi?
Nel 2007, ci conoscemmo in un teatro, mentre allestiva il suo nuovo tour estivo, c’ era una chitarra io iniziai a suonare un paio di pezzi miei e lui decise di portarmi in tour con sé, da lì a poco realizzai “L’occhio delle Luna” prodotto da lui.
Il sodalizio artistico con Finardi è sfociato con la produzione “L’occhio delle Luna” cosa rappresenta per te questa collaborazione artistica e questo album?
Lo definisco un diario privato e intimo, per questo la scelta degli arrangiamenti segue una linea classica i miei musicisti affiancati da Pierangelo Negri, primo violino de La Scala, Vittorio Cosma e il quartetto Edodea, il risultato è stato un lavoro raffinato che di pop aveva davvero poco, come inesistente era l’obbiettivo di renderlo un prodotto commerciale.
Un album di cui vado fiera, lo definisco coraggioso.
Il tuo ultimo album “Adesso Guardami” è un lavoro autobiografico. Come mai la scelta di un album autobiografico?
“Adesso Guardami” è la confessione di una donna…che si riflette allo specchio e ammette finalmente i suoi punti deboli e i suoi punti di forza e che di fronte al pubblico si spoglia delle protezioni. Dopo tre anni di silenzio, era arrivato il momento di realizzare un terzo album. Paolo Iafelice è stato un incontro prezioso, ha prodotto questo lavoro, ha manifestato cura e attenzione dall’ inizio alla fine, ha rispettato i miei tempi di creatività e non ha interferito mai se non per ottimi consigli. Lui per primo ha intuito che avevo bisogno di realizzare un album autobiografico…così è stato. Qui dentro c’ è tutta me stessa, il mio dolore, i miei irrisolti, anche la mia rabbia e il mio coraggio. “Adesso guardami” è un tatuaggio sulla pelle e più in profondità. Canzoni marchiate a fuoco insomma.
Nell’album è presente il brano “La storia della mia vita” quali sono i momenti più significativi della tua vita?
Ne “ La storia della mi vita” dico no ai compromessi, e alle scelte a metà, scelgo di scegliere insomma. Per esempio ho scelto di rimettermi in gioco nella musica con nuove sonorità.
C’ è stato un momento, non così lontano in cui ho creduto di avere sbagliato tutto , e ho pensato di mollare le redini di ogni cosa….il momento più bello è stato capire che quello che credevo essere un grande errore in realtà era solo la fine di un periodo. Una crisi c’ è sempre nel momento in cui siamo pronti al cambiamento, pronti ad accogliere il nuovo. Questo perché credo nell’ evoluzione, nella trasformazione. Nessuno può restare fermo nello stesso punto a lungo. È una legge di sopravvivenza.
Quanto può essere difficile per un cantante raccontare emozioni, sentimenti e paure attraverso la canzone?
Bisogna essere disposti a mettersi a nudo, a dichiararsi, come di fronte all’ amore. Nessun atto di viltà, di fuga o vigliaccheria. Questo rende fragili e vulnerabili ma allo stesso tempo forti , con in mano una possibilità di cambiamento. Quando ci si lascia andare, in realtà le paure si sciolgono e la confusione cede il posto a un ordine, per cui vale la pena non solo insistere, ma esprimere il mondo interiore che necessità di gridare o sussurrare fuori.
Che messaggio vuoi comunicare con i tuoi testi?
Onestà. Nessuna bugia. Nessuna invenzione. Nessun bisogno di compiacere. Comunicare me stessa sperando che qualcuno possa riconoscersi in un’ esperienza, in un ritratto, anche in un solo passaggio di frase.
Avere un proprio stile e identità quanto è importante per un cantante?
È tutto direi. Viene prima di ogni cosa. Firmarsi con uno stile proprio è come lasciare le proprie impronte digitali su un foglio bianco. Non ho mai voluto essere la copia di qualcuno, mi sono ispirata certo a voci o a modi di scrittura, ma credo che un musicista sia il risultato degli ascolti fatti nel tempo e dell’ esperienza di vita, che va da sé, essere del tutto inedita e personale.
Hai degli artisti, autori di riferimento?
Sono cresciuta ascoltando musica classica, mio padre aveva una quantità esagerata di vinili bellissimi, passavo da Mozart ai Deep Purple mi sono innamorata dei cantautori solo più tardi quando mi ritrovai in mano un disco di Fabrizio De Andrè, iniziai a interrogarmi sugli infiniti aspetti della scrittura. Quando ho scoperto che la parola ci rende liberi ho iniziato a scrivere in maniera diversa a porre attenzione all’ uso delle parole, al suono di una frase, alla musicalità di un verso.
Oggi ascolto le nuove leve, chiamiamole così…geniali e coraggiose come St. Vincent, Jo Hamilton, Emiliana Torrini., Feist ma anche Pentatonix, avendo io un amore smisurato per il canto a cappella Alt-J e tanti altri … il panorama musicale è ricco ed è in continuo fermento. In questa bulimia di informazioni e scoperte musicali cerco però di scegliere bene, di non farmi fagocitare con distratti ascolti da tutto quello che passa. Un po’ mi fa paura questo trovare tutto, troppo e di più anche sul web, si rischia di prendere dei grossi abbagli.
Nel 2013 hai scritto il brano “Polsi” contro il femminicidio. Pensi che la musica possa diventare uno strumento per sensibilizzare contro questo fenomeno?
Deve esserlo. La musica è uno strumento di sensibilizzazione sempre. Ha la responsabilità enorme di insinuare punti di domanda. La musica, la canzone ancora di più muove la mente, fa pensare e modifica i pensieri e nei casi più nobili cambia il sociale , il punto di vista personale e comune, può generare grandi rivoluzioni.
Il momento più emozionante della tua carriera?
Essere chiamata in Quirinale come rappresentante in musica di tutte quelle donne vittime di violenza a cui è stata strappata la voce. Lavorare al fianco di Milena Vukotic, un’ attrice di un umanità e eleganza d’ altri tempi. Ma ci sarebbero tanti altri momenti emozionanti da ricordare, per esempio quando ricevetti la nomination al Tenco nella sezione “migliore opera Prima”.
Un progetto per il futuro?
Sto scrivendo per alcuni interpreti della musica Italiana, ho terminato da poco l’ ennesima collaborazione con i Sonohra, firmando per loro il brano “ Continuerò”… Attualmente sto lavorando a un nuovo progetto… di cui non parlo per scaramanzia …