Maria Paola Casula, i segni che danno voce alle parole
“La Lingua dei Segni, a differenza della lingua vocale, viaggia sul un canale visivo-gestuale. Le mani, gli occhi e il corpo disegnano nello spazio ciò che si sta comunicando. Chi ascolta, lo fa con gli occhi. Chi segna, lo fa come un pittore che dipinge un quadro. Per noi udenti, abituati a vedere, spesso con distrazione, perché sommersi dagli stimoli uditivi, è un mondo nuovo, una modalità di percepire ciò che è intorno a noi, diversa, quasi estranea. Ma se si è capaci di osservare-guardare-vedere oltre i suoni e i rumori, si apre un mondo, del tutto sconosciuto, ma altrettanto ricco di espressioni, al pari della lingua vocale”. Così Maria Paola Casula interprete Lis (Lingua dei segni italiana) descrive la Lingua dei Segni e ci aiuta a scoprire questo affascinante mondo.
RivistaDonna l’ha incontrata per voi…
Maria Paola, sei una interprete Lis ( Lingua dei segni italiana) come mai hai scelto questo percorso di studi e professionale?
Durante gli anni in cui studiavo all’università nella facoltà di Psicologia, ho sentito la necessità di imparare qualcos’altro che andasse oltre l’università stessa, ma che fosse anche attinente con ciò che stavo imparando in quel contesto. Mi sono imbattuta quasi per caso in un annuncio che pubblicizzava i corsi di lingua dei segni italiana. Prima di quel momento non avevo mai prestato attenzione verso quel mondo, tuttavia, molto incuriosita, ho preso tutte le informazioni e ho deciso di parteciparvi. Prima di iniziare non avevo aspettative precise, ma dalla prima lezione, scoprire quella nuova modalità di comunicazione fatta di mani, occhi, movimenti del corpo, mi ha colpito in maniera indelebile. Ho capito subito che si trattava di un’occasione che dovevo sfruttare al massimo, sia per la curiosità di scoprire questa nuova lingua così diversa dalla lingua vocale, sia perché sapevo che mi avrebbe insegnato a superare la mia timidezza, allora molto marcata; avrei dovuto necessariamente mettermi in gioco davanti agli altri “fisicamente”, usare una lingua attraverso il mio corpo! Che fatica! Ma devo ammettere che è stato, ed è tuttora un percorso meraviglioso: una lingua ricchissima, ogni giorno una scoperta.
I segni sono come parole… mani che si muovono, visi e occhi espressivi e attenti, aiutaci a scoprire questo mondo di comunicare fatto di molte espressioni…
La Lingua dei Segni, a differenza della lingua vocale, viaggia sul un canale visivo-gestuale. Le mani, gli occhi e il corpo disegnano nello spazio ciò che si sta comunicando. Chi ascolta, lo fa con gli occhi. Chi segna, lo fa come un pittore che dipinge un quadro. Per noi udenti, abituati a vedere, spesso con distrazione, perché sommersi dagli stimoli uditivi, è un mondo nuovo, una modalità di percepire ciò che è intorno a noi, diversa, quasi estranea. Ma se si è capaci di osservare-guardare-vedere oltre i suoni e i rumori, si apre un mondo, del tutto sconosciuto, ma altrettanto ricco di espressioni, al pari della lingua vocale.
Che differenze e che punti in comune hanno la lingua dei sordi e quella degli udenti?
La lingua “dei sordi” – meglio definirla Lingua dei Segni! – , come dicevo prima, è una lingua che viene prodotta e compresa utilizzando il canale visivo-gestuale, al contrario della lingua “degli udenti” – la lingua vocale – che invece viaggia sul canale acustico-vocale. Al contrario di come in tanti pensano, si tratta di una vera e propria lingua, al pari della lingua vocale, in quanto possiede le sue regole grammaticali, lessicali, sintattiche, le sue espressioni tipiche (modi di dire, metafore…) e si presta benissimo alla produzione di poesie – l’uso delle mani, delle espressioni del viso, dei movimenti del corpo dà una possibilità illimitata di espressività, che ben si presta alla produzione poetica. Trattandosi di una lingua, come la lingua vocale, consente di esprimere qualsiasi necessità comunicativa. Le persone sorde, come le persone udenti possono raccontare, “spettegolare”, esprimere le proprie emozioni, discorrere di filosofia e cucina, esattamente come facciamo noi udenti. Noi pronunciamo le parole che devono essere unite tra loro seguendo le regole della lingua italiana, o inglese, o francese, e attraverso il tono della voce diamo la giusta intonazione rispetto a ciò che stiamo dicendo; le persone sorde compongono le parole usando forme diverse delle mani e le ordinano secondo precise strutture grammaticali e attraverso il movimento del corpo e le espressioni del viso danno la giusta intonazione.
Esiste una lingua universale italiana dei segni o ci sono differenti varianti o dialetti?
Questo è un mito da sfatare. Trattandosi di una lingua, proprio come le lingue vocali, non ne esiste una, universale, ma tante lingue dei segni; ogni comunità che la utilizza ha la sua: la lingua dei segni americana (ASL), la lingua dei segni inglese, (BSL), la lingua dei segni francese (LSF), la lingua dei segni italiana (LIS), lingua dei segni spagnola (LSE) e così via… All’interno di ogni lingua dei segni esistono delle varianti. Per esempio, nella LIS esistono varianti lessicali da una regione all’altra dell’Italia (per quanto riguarda i colori, gli animali, i mesi dell’anno…)
Secondo te esprimersi attraverso la lingua dei segni da più o meno possibilità di farsi capire rispetto alla nostra lingua italiana?
Sia la lingua dei segni, sia la lingua italiana, nella loro diversità e nella loro particolarità, sono due lingue molto espressive. Sicuramente, per chiunque, sordo o udente, conoscerle entrambe porterebbe un arricchimento maggiore.
Conoscere la lingua dei segni pensi che dia un valore aggiunto alle persone?
Conoscere la lingua dei segni, proprio come dicevo poco fa, è sicuramente un valore aggiunto. In generale, conoscere altre lingue, oltre alla propria, dal mio punto di vista, è sempre un valore aggiunto. Consente una maggiore elasticità mentale e ci apre a mondi diversi dal nostro.
Se una persona ha bisogno di un interprete Lis a chi deve rivolgersi?
Se una persona ha bisogno di un interprete LIS deve, sicuramente, rivolgersi ad un interprete PROFESSIONISTA. Ci tengo a sottolineare la parola professionista perché, troppo spesso, accade che ci si improvvisi in questa professione, pensando che muovere le mani senza regole e avere un buon labiale sia sufficiente. No, non è così. Servono tanti anni di studio che comprendono i tre livelli di corso LIS e un corso per diventare interpreti. Essere un interprete significa conoscere a fondo le due lingue che si utilizzano, la lingua dei segni e la lingua vocale; significa conoscere a fondo entrambi i mondi; significa aver studiato tanto e continuare ad aggiornarsi anche dopo aver conseguito il titolo. Le lingue sono in continua evoluzione e noi interpreti abbiamo il compito, il dovere di aggiornarci continuamente, al fine di rendere al nostro cliente un servizio sempre adeguato alla situazione. Molto spesso, purtroppo, sia perché in Italia la LIS non è riconosciuta dallo Stato (pertanto non è una lingua ufficiale), sia perché la nostra professione non è riconosciuta dallo Stato, c’è la terribile tendenza a rivolgersi a chi si improvvisa, in tal modo il cliente risparmia e, troppe volte il lato economico pare essere l’unica condizione! Questo sistema crea un danno innanzitutto alla persona sorda che si troverà davanti a un’interpretazione non sempre fedele, precisa e accurata, in secondo luogo alla categoria degli interpreti che con tanto sacrificio, sia intellettuale che economico, lavorano ogni giorno per garantire servizi di interpretariato adeguati. In ogni situazione rivolgersi a un professionista è la scelta migliore,anche se economicamente più dispendiosa. Chi si affiderebbe a un medico che non è un medico? Credo nessuno!
Quale è la maggiore soddisfazione che provi nel svolgere il tuo lavoro? E le difficoltà?
E’ un lavoro meraviglioso! Passare da una lingua all’altra, giocare con entrambe, trovare in tempi brevissimi le soluzioni linguistiche adatte e vedere che chi hai davanti ha ben chiaro ciò che si sta dicendo, è fantastico! E’ altrettanto fantastico quando il cliente, sordo e udente, capisce chiaramente il valore del tuo lavoro e lo riconosce. Non ha prezzo! Le difficoltà sono legate alle soddisfazioni che ho descritto poc’anzi, nel senso che alcune volte è difficile trovare le soluzioni linguistiche adatte, a seconda del contesto, a seconda del linguaggio che viene utilizzato. Inoltre, durante una traduzione simultanea può accadere di tutto: “rumori assordanti” – come persone che si mettono davanti a te, coprendo la visuale di chi ti guarda; persone che parlano tutte insieme senza rendersi conto che l’interprete ha due mani alle quali corrisponde una ed una sola voce… Bisogna essere preparati a gestire in maniera professionale ogni situazione. Per questo, prima ho sottolineato l’importanza della professionalità. È la base: ti consente di avere grandi soddisfazioni e di gestire le difficoltà che si presentano di volta in volta.
Quando ti trovi a dover interpretare dall’italiano alla lingua Lis o viceversa hai mai avuto il timore di non riuscire a tradurre nel modo più ideneo?
Si, assolutamente, capita! Personalmente penso che il timore spinga a concentrarsi ed a impegnarsi a fare le cose bene. È’ necessario avere consapevolezza dei propri punti di forza ma anche delle proprie debolezze. Esserne consapevoli aiuta a migliorarsi, sempre. Ho sempre pensato, dai primi lavori che ho fatto che l’umiltà sia un’ottima compagna di viaggio! Devi essere sempre pronto a metterti in discussione con te stesso e con gli altri. Una particolarità di questo lavoro è che, spesso,si lavora in squadra, almeno due interpreti insieme, in questo caso entrare in empatia con il proprio collega è fondamentale. Con il sostegno reciproco si fa sempre un buon lavoro, anche nelle situazioni più difficili.
Hai mai sentito su di te la responsabilità di un buon dialogo tra udenti e non ?
Si, assolutamente. È’ sempre una grossa responsabilità. Sei il ponte che unisce i due mondi e di questo devi esserne sempre consapevole. I messaggi che passano da un mondo all’altro sono “filtrati” da te, questo significa che devi sempre essere all’altezza della situazione; mai pensare “pazienza, si capiranno”.
La lingua Lis è abbastanza conosciuta o bisognerebbe che si diffondesse di più?
Sicuramente in questi ultimi anni sta avendo maggior risalto, rispetto anche a quando io ho iniziato i primi corsi, ormai oltre 10 anni fa. Purtroppo però, come dicevo prima, la LIS non è riconosciuta dallo Stato italiano. Questo comporta una serie di problemi. Significa, per le persone sorde, non avere accessibilità piena all’informazione, alla cultura, alla formazione. Si pensi ai telegiornali: pochissimi sono tradotti in LIS e sempre versioni flash, mai TG interi! Per non parlare delle trasmissioni di approfondimento, raramente capita di vederle con la finestrella con l’interprete. Nei musei, nei luoghi di interesse storico/archeologico è difficile avere una visita guidata in LIS. Negli uffici pubblici: capita raramente di imbattersi in un dipendente che abbia almeno qualche rudimento di LIS e di Cultura Sorda. Per non parlare delle scuole di ogni ordine e grado e dell’università dove quasi mai sono presenti gli interpreti o insegnanti curricolari e di sostegno che abbiano una preparazione specifica adeguata per affrontare la sordità dei propri alunni. Questa credo sia una grave mancanza, viene negato alle persone sorde il diritto di scegliere. Se non conosco, se non so, se ignoro ciò che mi sta intorno, non posso scegliere. Per farlo devo fare tanta fatica in più rispetto a chi ha accesso diretto alle informazioni. Il rischio è di arrendersi e subire ciò che gli altri scelgono per me.
C’è qualcosa che secondo te bisogna fare ancora per aiutare i sordi in cui potete intervenire voi interpreti e non solo?
Ci sono tante cose da fare ancora! La prima è il riconoscimento della LIS e contemporaneamente a ciò il riconoscimento della figura dell’interprete LIS. Senza tale riconoscimento, il lavoro di tutti i giorni portato avanti da udenti e sordi, è fondamentale ma anche un po’ fine a se stesso, in quanto troppo spesso ancora, ciò che fai oggi viene demolito domani, e dopodomani devi riniziare daccapo. Senza regole chiare e condivise troppo spesso bisogna aggrapparsi al buon senso di tutti! Ma non bisogna arrendersi! Sono certa che il lavoro di ciascun Interprete, portato avanti con consapevolezza, professionalità, competenza, con la collaborazione di tutti, sordi e udenti, ci porterà pian piano al riconoscimento del valore della LIS, della figura dell’interprete ma anche alla piena comprensione della specificità dei due mondi, sordo e udente. Di sicuro dobbiamo continuare a lavorare in questo senso. Per questo ti ringrazio per avermi dato l’opportunità di questa intervista. Spero possa essere spunto di riflessione non solo per “gli addetti ai lavori”, ma soprattutto per chi si è appena affacciato a questo mondo e per chi non lo conosce affatto. Anche solo stimolare la curiosità è importante. Grazie!