Gli Angeli, splendidi compagni portatori di luce
Cos’è l’esercito celeste e come è composto?
La figura dell’Angelo come simbolo delle gerarchie celesti, in genere appare fin dai primi tempi del cristianesimo, collocandosi in prosecuzione della tradizione ebraica e come trasformazione dei tipi precristiani delle Vittorie e dei Geni alati, che avevano anche la funzione mediatrice, tra le supreme divinità e il mondo terrestre. Attraverso l’insegnamento del “De celesti hierarchia” dello pseudo Dionigi l’Areopagita, essi sono distribuiti in tre gerarchie, ognuna delle quali si divide in tre cori. La prima gerarchia comprende i serafini, i cherubini e i troni; la seconda le dominazioni, le virtù, le potestà; la terza i principati, gli arcangeli e gli angeli. I cori si distinguono fra loro per compiti, colori, ali e altri segni identificativi, sempre secondo lo pseudo Areopagita, i più vicini a Dio sono i serafini, di colore rosso, segno di amore ardente, con tre paia di ali; poi vengono i cherubini con sei ali cosparse di occhi come quelle del pavone; le potestà hanno due ali dai colori dell’arcobaleno; i principati sono angeli armati rivolti verso Dio e così via. Più distinti per la loro specifica citazione nella Bibbia, sono gli Arcangeli, i celesti messaggeri, presenti nei momenti più importanti della Storia della Salvezza; Michele presente sin dai primordi a capo dell’esercito del cielo contro gli angeli ribelli, apparve anche a papa s. Gregorio Magno sul Castel S. Angelo a Roma, lasciò il segno della sua presenza nel Santuario di Monte S. Angelo nel Gargano; Gabriele il messaggero di Dio, apparve al profeta Daniele; a Zaccaria annunciante la nascita di s. Giovanni Battista, ma soprattutto portò l’annuncio della nascita di Cristo alla Vergine Maria; Raffaele è citato nel Libro di Tobia, fu guida e salvatore dai pericoli del giovane Tobia, poi non citato nella Bibbia, c’è Uriele, nominato due volte nel quarto libro apocrifo di Ezra, il suo nome ricorre con frequenza nelle liturgie orientali, s. Ambrogio lo poneva fra gli arcangeli, accompagnò il piccolo s. Giovanni Battista nel deserto, portò l’alchimia sulla terra.
Cosa fanno gli angeli?
La Sacra Scrittura suggerisce più volte che gli Angeli godono della visione del volto di Dio, perché la felicità alla quale furono destinati gli spiriti celesti, sorpassa le esigenze della natura ed è soprannaturale. E nel Nuovo Testamento frequentemente viene stabilito un paragone fra uomini, santi e angeli, come se la meta cui sono destinati i primi, altro non sia che una partecipazione al fine già conseguito dagli angeli buoni, i quali vengono indicati come ‘santi’, ‘figli di Dio’, ‘angeli di luce’ e che sono ‘innanzi a Dio’, ‘al cospetto di Dio o del suo trono’; tutte espressioni che indicano il loro stato di beatitudine; essi furono santificati nell’istante stesso della loro creazione. L’Angelo Custode indica l’esistenza di un angelo per ogni uomo, che lo guida, lo protegge, dalla nascita fino alla morte, è citata nel Libro di Giobbe, ma anche dallo stesso Gesù, nel Vangelo di Matteo, quando indicante dei fanciulli dice: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli”. La Sacra Scrittura parla di altri compiti esercitati dagli angeli, come quello di offrire a Dio le nostre preghiere e sacrifici, oltre quello di accompagnare l’uomo nella via del bene.
Lucifero era un angelo?
Sì. Il Concilio Lateranense IV, definì come verità di fede che molti Angeli, abusando della propria libertà caddero in peccato e diventarono cattivi. San Tommaso affermò che l’Angelo poté commettere solo un peccato d’orgoglio, lo spirito celeste deviò dall’ordine stabilito da Dio e non accettandolo, non riconobbe al disopra della sua perfezione, la supremazia divina, quindi peccato d’orgoglio cui conseguì immediatamente un peccato di disobbedienza e d’invidia per l’eccellenza altrui. Altri peccati non poté commetterli, perchéessi suppongono le passioni della carne, ad esempio l’odio, la disperazione. Ancora s. Tommaso d’Aquino specifica, che il peccato dell’Angelo è consistito nel volersi rendere simile a Dio. La tradizione cristiana ha dato il nome di Lucifero al più bello e splendente degli angeli e loro capo, ribellatosi a Dio e precipitato dal cielo nell’inferno; l’orgoglio di Lucifero per la propria bellezza e potenza, lo portò al grande atto di superbia
con il quale si oppose a Dio, traendo dalla sua parte un certo numero di angeli. Contro di lui si schierarono altri angeli dell’esercito celeste capeggiati da Michele, ingaggiando una grande e primordiale lotta nella quale Lucifero con tutti i suoi, soccombette e fu precipitato dal cielo; egli divenne capo dei demoni o diavoli nell’inferno e simbolo della più sfrenata superbia. Il nome Lucifero e la sua identificazione con il capo ribelle degli angeli, derivò da un testo del profeta Isaia (14, 12-15) in cui una satira sulla caduta di un tiranno babilonese, venne interpretata da molti scrittori ecclesiastici e dallo stesso Dante (Inferno XXIV), come la descrizione in forma poetica della ribellione celeste e della caduta del capo degli angeli. “Come sei caduto dal cielo, astro del mattino, figlio dell’aurora! Come sei stato precipitato a terra, tu che aggredivi tutte le nazioni! Eppure tu pensavi in cuor tuo: Salirò in cielo, al di sopra delle stelle di Dio innalzerò il mio trono…
salirò sulle nubi più alte, sarò simile all’Altissimo. E invece sei stato precipitato nell’abisso, nel fondo del baratro!”
Costantino Mazzanobile