La nuova era dei libri digitali
La ventata di novità portata dalla legge 133/2008 non ha coinvolto soltanto il sistema di offerta dei prodotti editoriali ma anche l’organizzazione interna delle case editrici, che hanno dovuto adeguare velocemente le proprie redazioni alle mutate richieste del mercato, infondendo nuovo impulso al settore multimediale e ricercando partner esterni che possano apportare in azienda nuove competenze, legate soprattutto alla tecnologia. Bisogni inediti emergono all’interno delle imprese editoriali, che hanno sempre più bisogno di figure professionali che coniughino le competenze sui contenuti con quelle tecnologiche: la formazione diventa così uno strumento indispensabile in ogni ambito del lavoro editoriale. I costi di questa innovazione ricadono interamente sulle aziende che, in questa fase, «lavorano a livello sperimentale piuttosto che in una logica di mercato » in quanto «il digitale non conviene» (Michele Lessona). Le imprese editoriali devono «puntare sui vantaggi competitivi» (Aaron Buttarelli), cercando di conquistare ampie fette di mercato in previsione della futura redditività dei nuovi prodotti. Accanto alle difficoltà “interne” alle case editrici per la digitalizzazione della scolastica, bisogna poi considerare gli ostacoli “esterni”, che rallentano la diffusione dei prodotti basati sulla tecnologia. Esiste, in primo luogo, un problema di infrastrutture: molte scuole italiane non sono ancora sufficientemente attrezzate con computer e connessione a internet; inoltre, la banda larga è ancora relativamente poco diffusa sull’intero territorio nazionale e il digital divide è una realtà da non sottovalutare: questo impedisce un utilizzo proficuo delle tecnologie da parte degli studenti, non solo a scuola ma anche a casa.
La soluzione di queste problematiche passa in primo luogo attraverso un maggiore e più oculato investimento di risorse da parte dello Stato: Come rivela l’indagine OCSE sulla scuola Education at a glance 20109, l’Italia risulta ancora molto indietro per quanto riguarda la spesa per l’istruzione. In secondo luogo, la conversione dei libri di testo dal tradizionale supporto cartaceo a quello digitale si è rivelata un’operazione tutt’altro che semplice, che solleva numerose questioni di carattere tecnico, a cominciare dalla scelta del formato, che influisce sulla grafica rendendo in molti casi difficoltosa la fruizione di contenuti su supporti diversi dal pc. Un’altra questione molto sentita dagli editori è legata al diritto d’autore, che dovrà essere interamente ripensato in funzione dei testi digitali. I sistemi di licenze esistenti (i cosiddetti DRM, Digital Right Management), pur offrendo un certo grado di protezione dei contenuti sulla rete, risultano facilmente aggirabili. Inoltre pongono dei limiti spesso eccessivi alla libertà degli utenti, rischiando di ostacolare la fruizione di testi in formato digitale. Infine, la diffusione dei contenuti digitali apre nuovi scenari nel campo della concorrenza. In un prossimo futuro gli editori non dovranno più confrontarsi soltanto tra di loro, ma saranno costretti a guardarsi le spalle da altri competitor provenienti da mondi diversi dall’editoria. Da una parte, grandi aziende come Google, Apple e altri produttori di hardware potrebbero trovare nella scuola un interessante ambito di investimento. D’altro canto, anche i piccoli editori indipendenti potrebbero guadagnare spazio grazie alla diffusione della didattica digitale: la possibilità di creare e diffondere contenuti con facilità e a prezzi ridotti, attraverso la rete, abbassa notevolmente la soglia d’ingresso del mercato della scolastica, spalancando le porte – almeno in teoria – a tutti quei soggetti che prima non potevano in alcun modo competere con i grandi editori. Non bisogna sottovalutare, infine, il ruolo dei privati, come gli autori dei libri di testo o gli stessi insegnanti, che potrebbero grazie all’utilizzo della rete creare e distribuire contenuti autonomamente, “bypassando” la mediazione delle case editrici. È dunque possibile che assisteremo ad un «riposizionamento globale dei ruoli, sotto certi aspetti radicale.
Riusciranno gli editori a trovare una loro collocazione?. Senza dubbio, per mantenere il proprio dominio sulla scolastica, le case editrici dovranno far valere il proprio valore aggiunto in termini di esperienza e reputazione, dando ai propri clienti forti garanzie di qualità, affidabilità e accessibilità dei nuovi contenuti per la scuola. Il libro di testo è sempre stato lo strumento di apprendimento per eccellenza, compagno fedele degli studenti nel loro percorso di studio e guida sicura per gli insegnanti nella trasmissione del sapere. Nel corso del tempo il suo volto rassicurante non è mai davvero cambiato, né il suo ruolo è stato messo seriamente in discussione. Almeno finora. Negli ultimi anni si sono iniziati a percepire i primi segnali di un cambiamento importante, veicolato dalla crescente diffusione delle nuove tecnologie in ogni aspetto della vita quotidiana, compresa la scuola, e dalla progressiva introduzione di strumenti digitali nella didattica. In ambito scolastico, la “rivoluzione digitale” ha ricevuto un forte impulso dalla legge n. 133, datata 6 agosto 2008, il cui articolo 15 stabilisce il passaggio, entro l’anno scolastico 2011-2012, dai classici volumi cartacei per la scuola a libri di testo «nelle versioni a stampa, online scaricabile da internet, e mista»1. Il mercato dei libri per la scuola, rimasto pressoché immutato per decenni, è stato scosso profondamente dalle novità introdotte da questa legge, che coinvolgono in prima persona tutti i soggetti che si confrontano con il libro di testo, dagli studenti alle loro famiglie, dagli insegnanti agli editori. Questi ultimi, in particolare, si trovano in prima linea nell’attuare una riforma che impone un ripensamento radicale del libro di testo e del suo intero ciclo di vita, dalla progettazione alla produzione, dalla promozione alla vendita.
Costantino Mazzanobile