MARIA LOI, RECITARE IN TEMPESTA: raccontata da Marcello Atzeni
Le interviste al telefono sanno di falso, come quelle persone che quando t’incontrano non riescono a sostenere lo sguardo.
Deduco che ci si debba incontrare.
“E’ così.”
Il set prescelto è quello della sua dimora.
Dribblato il Margine Rosso, t’involi in una via popolata dal vento che bacia le conifere.
Il silenzio non è irreale, ma reale, nel senso di vero e non aristocratico.
La casa bianca, aromatizzata al rosmarino, guarda verso il mare.
La cinge un’inferriata che ha una relazione con un rampicante: non le toglie le foglie di dosso.
Un portoncino verde oceano, si apre e si richiude dietro le spalle di Maria Loi; età indefinita e curriculum lungo quanto l’autostrada del Sole. Non prima però che il cronista s’infili.
A quel punto saltano fuori le guardie del corpo: due grandi cani , dolci e bianchi, che vorresti fossero delle meringhe.
I gatti devono essere ben più di quarantaquattro, non sono in fila per tre e spuntano da tutte le latitudini.
Ci vorrebbe una squadra di zoologi per poterli classificare.
Le due rampe di scale le facciamo, galleggiando sulle possenti schiene dei due canoni.
Sbarchiamo in un salone:potrebbe essere buono per un piccolo palcoscenico, se non fosse che è colonizzato da mille cose.
Due candidi divani, un camino, e una credenza dove vivono delle foto di famiglia.
Tra calici, piatti e pizzi, emergono le immagini della sua vita di ieri.
Una scrivania: appunti in ordine scarso, dvd, cd e libri.
Baricco, Laborit, Melville e tanti altri.
I capelli lunghi e castanochiari sono una spendula, che incornicia il volto e sfocia in delle labbra cuoriformi. Il trucco è leggero, ma sufficiente a far diminuire il volume dei suoi larghi occhi.
Ti immagini che, senza, potrebbero essere due laghi.
Un maglione nero, che quasi fa Michelle Pfeiffer-Cat Woman, dal sapore burtoniano.
Una gonna in neoprene, abitata da diversi fiori e dai colori accesi, sembra illuminata dai riflettori.
Stivaletti marron chiaro e calze nere, per un nuovo rimando burtoniano.
Triplo salto “mortale” all’indietro.
Esordio in un teatro di Monserrato.
Inizia con Natalia Ginzburg.
La colonna sonora è quella di BladeRunner( Vangelis).
Maria ricorda un locale trapunto di gente.
Molti applausi, visi e sorrisi e un paio di occhi che la seguono: sono quelli della mamma,che vista in foto sembra proprio Audrey Hepburn.
Gli occhi umidi dell’attrice, sono bagnati dalle stesse lacrime che bagnarono quel debutto.”Il Canovaccio”, inteso come compagnia teatrale, sarà la sua “residenza” per anni. Mentre parla assume una miriade di espressioni, e le parole sgorgano pure come acqua di sorgente. Alcunesembrache arrivino da una distilleria.
Il racconto prosegue e ripesca la “ Salomè” di Oscar Wilde.“Disegnai io stessa quel vestito e lo feci fare in sartoria”.
Rimbalzava dalla Facoltà di lettere, ai corsi di recitazione canto, allenamento fisico e dizione. Dopo poche lezioni, abbandonò quest’ultimo.. Continuò a imparare da sola, con libri, film e radio. In realtà, già da bambina aveva iniziato a “studiare”, ascoltando le voci di dentro: televisore, radio , cinema equelle di chi le passava accanto. Quando andò da Antonio Prost per testare la sua dizione, in realtà molto del lavoro era stato già ben fatto.
Aveva già nel fagotto , l’essenziale.
Poi il salto al “Palazzo d’inverno”. Quindici anni da prima attrice. Teatro d’avanguardia, sperimentazione e ricerca, ma anche master e laboratori. Sudano, Fo, Kemp, Quartucci, Magro, Muscato e altri che le suggeriscono i fondamentali, per usare un gergo calcistico. Porta in scena testi di autori classici, contemporanei e altri scritti e modellati per lei. La Loi ripaga con la sua maniacale bravura e precisione. Ne “ La chiave dell’ascensore” di Agata Kristof, raggiunge, sfogliando la rassegna stampa, vette maestose. Le parole della partitura perfetta che virano dal dramma al grottesco, la mimica facciale e le mani che danzano e ruotano, strappano emozioni e repliche. Anni di soddisfazioni con l’amico fraterno Marco Gargiulo, che, a volte, le ricorda: ti chiamò Marco Gagliardo, ma tu le dicesti che eri troppo impegnata.“ Mi rimane la curiosità bella, di non aver potuto essere diretta da lui “..
L’affitto è costoso e il locale storico di via Principe Amedeo, deve essere abbandonato. Il Palazzo d’inverno si trasferisce a Sant’Avendrace, ma un brutto giorno d’ottobre 2008, un alluvione fa naufragare tutto: libri, copioni e costumi, nuotano in un mare di fango.
Subito dopo Maria Loi, per sua stessa ammissione una trottola, non si ferma mai, fonda il Teatro Barbaro, assieme ad altri professionisti.Lavora anche conçàika per tre anni in “Teatri di mare” ,“Theatre en Vol” e altre felici collaborazioni. “ Da bambina sognavo di lavorare in un circo, come attrice-acrobata “, dice sa pizzinna con origini nel Barigadu e sbocciata in Marmilla.
E il cinema? Nel 2011, Salvatore Mereu la chiama per interpretare la mamma delle “ BellasMariposas”. Dieci minuti di applausi ininterrotti al Festival di Venezia. L’onda lunga della laguna, bagna ancora i ricordi dell’attrice, Una piccola parte in un film di Pieraccioni, e una valanga di corti: diretta da Marcias, Cocco, Bastardi, Carta e tanti altri.
E ora? La trottola da circo, continua a girare.
E “scrive”: nella tarda primavera o al massimo dopo l’estate, partirà un progetto innovativo. Dove l’amore per la bicicletta sposerà quello per la lettura. Molti comuni dell’isola sono entusiasti della sua proposta. Nel contempo lavora a un adattamento teatrale di “ Moby Dick”, trovati già validi collaboratori ,ora è alla ricerca di finanziamenti. Ma sta anche scrivendo un romanzo e un libro di favole. Con Paola,soprano e Antonio , pianista, fonda i Map Art. E gioiosamente collabora con la “Casa di Suoni e Racconti” e “Tersicorea”. Il sogno numero due,è ormai quasi realizzato, quello di replicare “ La chiave dell’ascensore”.
Il sogno numero uno, in cantiere, quello di conciliare la passione per il mare con quella per la recitazione. Chiamatela navigAttrice , in direzione ostinata e contraria. “Ogni volta che salgo sul palco, scopro qualcosa: come se stessi esplorando un territorio sconosciuto, che mi regala nuove visioni, emozioni e mi dàuna scintilla, la quale mi dice: sei sulla strada giusta, continua a percorrerla. Avrei potuto fare tante cose nella mia vita, ma ho avuto e ho il privilegio di aver riconosciuto in me , quella per la quale più sono portata, recitare. La scintilla mi spinge poi a ricercare continuamente nuovi orizzonti. Un impegno costante volto a non fermarmi mai”.
Per lei la musicalità è anche in un testo, sostiene che l’abilità sta nel trovare nello stesso, la partitura. Insomma le sette note si sentono anche in un copione, se sei brava nel suonarlo. Come se fosse uno strumento musicale.
Non le piace la situazione dello spettacolo di oggi:“ Tottusfainttottu. Tutti fanno tutto. Gente che s’improvvisa in qualunque mestiere. Dilettantismo allo stato puro che rischia di travolgerci “.
Non si vergogna di dire che essendo tempi duri è sempre alla ricerca di altri lavori e spesso nulla hanno a che fare con il mestiere d’attrice. Da poco ha lavorato per una multinazionale. Maria è come un ginepro, ricco di coccole profumate che il vento agita e deforma. Ma che non si sradica pur essendo flagellato . E le radici le ispirano nuove storie: portare altre idee nei luoghi della sua infanzia e dell’infanzia dei suoi genitori. L’amore per le zone interne lo sente, come un cavallo fiuta da lontano il meraviglioso odore dei pascoli.“Ho pochi amici, veri, preziosi, schietti, presenti e terribilmente sinceri “.
Viaggia portandosi appresso la macchina fotografica.
In quell’obiettivo sono passati, gabbiani, gheppi, nuvole e tanto mare. E chissà , passeranno anche scorci di vecchi rubinetti e fette di laghi montani.
Chiusa l’agenda, il cronista cavalca uno dei due canoni e varca il portone verde oceano. L’altro cane gigante, rincorre un arcipelago di felini. Maria saluta dalla finestra e bagna la penna nel suo prossimo sogno: adattamento teatrale di “ Che fine ha fatto Baby Jane?”.
Attrice, circense, trottola, scrittrice e cantante.
E felice madre di due piccole donne.
Che crescono tra libri, film, musica e disegni.
E magari abiteranno in una favola scritta da Maria Loi.
Un articolo di Marcello Atzeni