Donna: sesso debole a chi? Tra equilibrio e ragionevolezza
Occorre innanzitutto sgombrare il campo da ogni nocivo pregiudizio. Occorre ‘ripulire’ le menti da pre-concetti che, se esistenti, condizionano – e non poco – ogni successivo ragionamento.
Mi scuseranno le lettrici se assumerò posizione in questo contributo salvaguardando la neutrale analisi del fenomeno in esame.
La donna non può definirsi ‘sesso debole’; la donna non versa in una situazione di soggezione. La donna non è dipendente da altri soggetti.
Soltanto dopo aver sgomberato il campo da questi tristi ma oggettivamente presenti pregiudizi e concetti pregiudizievoli, potremo avere un’idea chiara e certamente confacente al reale e significativo ruolo che la donna riveste nella società.
A questo proposito, con riferimento al concetto di ‘dipendenza’ poc’anzi evocato, mi si permetta di muovere un rimprovero; in occasione di vicende patologiche che conducono alla rottura del rapporto coniugale, le questioni economiche assorbono gran parte della lite.
A riguardo, mi preme osservare che il c.d. assegno di mantenimento (delicata tematica sulla quale mi dedicherò in successivi articoli) è sì un diritto che il nostro ordinamento riconosce, ma l’invito è a non adagiarsi sullo stesso. Adagiarsi sullo stesso implicherebbe, infatti, dipendenza economica da qualcun altro. Con ciò non si vuole invitare o suggerire di rinunciare ad un diritto. Mai e poi mai. Occorre, però, un atteggiamento ragionevole soprattutto in momenti in cui la lucidità e la maturità di giudizio potrebbero essere compromessi dal generale nervosismo e da un clima certamente non pacifico.
Per quanto, dunque, il mantenimento costituisca un diritto pur tuttavia non può configurarsi – ahimè spesso accade – come escamotage per esonerarsi da qualsivoglia attività lavorativa che consenta di produrre un autonomo reddito.
Se è vero, dunque, che occorre salvaguardare la posizione giuridica paritaria tra uomo e donna, occorre anche non avanzare talvolta pretestuose pretese e l’invito è quello di mantenere equilibrio nelle proprie valutazioni perché la linea di confine tra ciò che è diritto e ciò che abuso dello stesso è davvero molto sottile.
Il mantenimento, dunque, di lucidità di giudizio soprattutto in queste non piacevoli circostanze in cui predomini in entrambi i soggetti la ragionevolezza, è la condizione ideale per garantire a se stessi il riconoscimento di un diritto e, al contempo, il proprio ruolo attivo di essere umano dotato di capacità.
Avv. Roberto Pusceddu