Pubblicità discriminatoria: Il diritto e rispetto dell’immagine della donna
Non è questa la sede per poter muovere rimproveri in ordine alla moralità o non moralità di ciò che avviene nella nostra attuale e ‘moderna’ società. D’altra parte, non è compito neppure di un Avvocato assumere posizioni che inducano a giudizi di natura morale.
Pur tuttavia, il confine tra il moralmente rilevante ed il giuridicamente rilevante è spesso assai labile. In questa zona di confine, trova spazio il mio ruolo.
Ho assistito ed attualmente assisto all’utilizzo dell’immagine della donna in diverse forme di pubblicità di natura commerciale che, all’evidenza, sviliscono il genere femminile. Si tratta di vere e proprie forme di pubblicità discriminatoria.
Il rapporto del Parlamento europeo Women and Girls as Subjects of Media’s Attention and Advertisement Campaigns: the Situation in Europe, Best Practices and Legislations 2013 ha posto in evidenza come indiscutibilmente esista il fenomeno della diffusione di immagini discriminatorie e lesive della donna sui media.
Tale aspetto è stato sottolineato anche nelle risoluzioni del Parlamento europeo sull’impatto del marketing e della pubblicità sulla parità tra donne e uomini (2008) e Sull’eliminazione degli stereotipi di genere nell’Unione europea (2013), secondo le quali la pubblicità offensiva rappresenta un ostacolo per la creazione di una società moderna e paritaria.
Nelle stesse risoluzioni il Parlamento europeo ha invitato gli Stati membri ad adottare atti giuridici vincolanti e/o codici di autodisciplina che proibiscano messaggi discriminatori basati su stereotipi di genere.
Occorre domandarci: quali atti normativi sono stati introdotti dai Paesi europei per regolare la pubblicità offensiva?
Tra i 27 paesi membri dell’Unione Europea sono presenti 61 atti normativi che contengono norme volte a contrastare la pubblicità ‘sessista’. Essi sono rivolti al settore della pubblicità, della televisione, della comunicazione, del marketing e dei nuovi media.
La maggioranza delle norme volte a contrastare la pubblicità sessista è contenuta in ventisei leggi, delle quali ventidue disciplinano l’ambito specifico della pubblicità e dei media. Le restanti quattro leggi riguardano la promozione delle pari opportunità (Bulgaria, Francia, Spagna, Malta). Le leggi hanno il vantaggio di avere carattere vincolante e sanzionatorio. Il controllo sull’attuazione della legge è affidato ad organismi governativi competenti, a seconda dei casi, per le pari opportunità o per le telecomunicazioni.Vi sono sette regolamenti/linee guida emessi dalle autorità garanti per le comunicazioni: Italia-Agcom; Malta Broadcasting Authority; Irlanda Broadcasting Authority; Lettonia – National radio and television Commission; Romania-National radio and television Commission; Irlanda Standards Authority; Uk Advertisment-standard Authority. Sono emessi dalle autorità competenti per la regolamentazione e vigilanza nei settori delle telecomunicazioni, dell’audiovisivo, dell’editoria, e di internet.
Sono vincolanti per gli attori del settore delle comunicazioni e nella maggior parte dei casi prevedono sanzioni.
Occorre, dunque, chiedersi, Quali requisiti deve avere una legge per contrastare efficacemente l’ormai diffuso fenomeno della pubblicità sessista?
Vi sono due requisiti fondamentali affinché l’atto normativo possa dirsi efficace: – l’atto deve essere vincolante e prevedere sanzioni; – deve essere Gender Specific.
Un atto normativo è Gender Specific quando: (i) individua in modo specifico e dettagliato gli elementi che rendono una pubblicità illecita e discriminatoria; (ii) la definizione di discriminazione di genere è specifica ed esplicitamente rivolta al settore delle comunicazioni.
Si tratta di un aspetto fondamentale poiché una delle debolezze maggiori degli atti normativi in materia risiede nella vaghezza ed equivocità dei termini utilizzati. Formulazioni troppo generali comportano un alto grado di soggettività nell’individuazione delle pubblicità illecite e nella gestione dei reclami da parte degli organi competenti, determinando così l’inefficacia dell’atto.
Ad oggi, in Italia non è prevista alcuna legge specifica per contrastare la pubblicità offensiva. Negli anni passati, sono stati presentanti alcuni progetti di legge in Parlamento, che non sono ancora giunti ad approvazione definitiva. Un ruolo fondamentale è stato svolto dall’Istituto di autodisciplina pubblicitaria grazie all’azione dei suo organi di controllo.