L’alienazione parentale: un delicato fenomeno su cui riflettere
Nel presente contributo ritengo doveroso soffermarmi su un tanto delicato quanto rilevante fenomeno di carattere sociale prima ancora che giuridico che è indubbiamente presente nella nostra realtà
Si tratta del fenomeno della c.d. alienazione parentale. L’alienazione parentale è un concetto giuridico che prende spunto dal primo comma dell’art. 337-ter del Codice Civile. Nello specifico, esso rappresenta la violazione, da parte di un genitore, del diritto del figlio di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con l’altro genitore e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Sarebbe proponibile la seguente definizione: «l’alienazione parentale è possibile rilevarla solo nei contenziosi legali di separazione. Essa rappresenta l’impossibilità di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo tra genitore e figlio principalmente a causa dei comportamenti devianti dell’altro genitore incube.
Tali comportamenti tendono a svalorizzare le capacità di comprensione e decisione del figlio fino a provocare un vero e proprio rifiuto di quest’ultimo nei confronti del genitore succube il quale rivestirà un ruolo sempre più passivo e marginale.
Il processo psicologico dell’alienazione parentale determina nel figlio vittima, in relazione alla sua età e alla sua capacità di discernimento, una coartazione della sua volontà. L’alienazione parentale rappresenta la negazione del diritto del figlio alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione».
Occorre chiarire che non si tratta né di una patologia né di una sindrome, ma di un processo psicologico che coinvolge l’intero sistema intorno alla triade padre-madre-figlio all’interno del quale ognuno contribuisce direttamente/indirettamente allo sviluppo delle dinamiche disfunzionali dell’alienazione parentale.
Al fine di tutelare i diritti relazionali della persona minore d’età coinvolta in questo genere di procedimenti sarebbe necessario analizzare le dinamiche disfunzionali della famiglia divisa attraverso il punto di vista del figlio e non dei genitori, facilitando una migliore comprensione del fenomeno che nella maggior parte dei casi richiede interventi giudiziari determinati ed efficaci, ad esempio: – l’inversione di collocamento del figlio dal genitore dominante al genitore rifiutato; – trasferimento temporaneo in struttura protetta del figlio che viene affidato in forma esclusiva al genitore rifiutato, ma trasferito per un breve periodo in una struttura protetta per favorire la ripresa graduale della relazione affettiva.
È bene precisare che prima di assumere una delle due decisioni sopra esposte, il CTU – e successivamente il Giudice – dovrebbe tener conto di almeno tre variabili: – la complessità del rifiuto – età della persona minorenne – risorse del genitore rifiutato
L’alienazione parentale non dovrebbe essere intesa come un conflitto genitoriale, ma trattata alla stregua di una grave forma di violenza psicologica in cui la vittima è il figlio.