LA GIORNALISTA TELEVISIVA MARIANGELA PIRA, LA VOCE DELL’ECONOMIA SU SKYTG24
“Leggere, informarsi, parlare con gli esperti che usano il loro linguaggio e tradurlo ogni giorno nel modo più asettico possibile alle persone che ti ascoltano. Prepararsi in continuazione, studiare. Questo è il mio obiettivo quotidiano da sempre”.
Mariangela Pira, originaria di Dorgali è iscritta all’Albo dei giornalisti professionisti dall’ottobre del 2003. Muove i primi passi nel mondo del giornalismo all’Ansa di New York, sotto la conduzione di Marco Bardazzi, seguendo alcuni processi e la prima “Inauguration Week” di Bush. Mentre lavora a Class, nel 2004, vince una borsa di studio per la Cina e vi si reca per conoscere i rudimenti della lingua. Da l’Oriente corrisponde ancora per Class e per Panorama. Collabora sul Paese asiatico anche per Milano Finanza. Dopo l’inizio con la politica estera, c’è stato il passaggio un po’ ‘casuale’ come sottolinea lei all’economia. Oggi il suo mondo sono le Borse.
“Ero a New York all’Ansa e coprivo le borse – ribadisce Mariangela – l’apertura di Wall Street in particolare. Ho fatto realmente tanta politica estera, dall’Afghanistan alla Cina, con tanta applicazione didattica e anche ora mi diverto a studiare (nel particolare oggi Antropologia sociale ad Oxford). Sembrano cose completamente astruse dal lavoro di giornalista. Invece non è così. Perché conoscere e studiare il sociale ti consente di adoperare un linguaggio semplice, di usare le giuste metafore. Un giornalista quando parla deve farsi comprendere da tutti, è la prima cosa che mi insegnò il mio direttore. Parti dai dati, rileggi il tuo pezzo e sii certa che anche a casa assimilino.”
Insomma, farsi intendere da tutti è il primo principio del pubblicista. “Conoscenza del tema, frasi semplici e comprensibili, un vocabolario pertinente. La gente non è stupida, se le cose le spieghi le capisce. Ma tu sei la prima che deve comprenderle. Per poterle trasmettere nel modo giusto”.
Mariangela prima di divenire giornalista televisiva per SkyTg24 ha fatto parecchia gavetta. “Se io sono qui, e sinceramente penso d’essere un’umile lavoratrice ancora oggi, è grazie ai miei genitori. Mio padre ha avuto la lungimiranza di capire che l’istruzione, e badi bene lui non ha studiato, era una risorsa fondamentale. Lo strumento per fare bene nella vita. Che poi è la mia convinzione. Penso che lo studio sia l’arma più potente contro tutto. Contro la maleducazione, contro la sempre più presente inciviltà digitale.”
Per Mariangela Pira una sfavillante carriera frutto di fatica, alzatacce, impegno anche durante le ferie. Porta come esempio con sè l’esperienza in Afghanistan, l’attentato dell’agosto 2009 a Kabul, con le tante interviste, l’approfondimento, l’attività di ricerca. “La notizia a cui sono più affezionata è quella delle elezioni in Afghanistan. Sebbene sia persuasa che il ‘portare la democrazia’ ovvero le nostre idee in quel paese sia stato un grande fallimento. Ma fu una grande esperienza. Ero da sola a Kabul, una città vuota per paura degli attentati, con una collega della Rai, e intervistammo queste persone coraggiose che con il dito sporco di inchiostro avevano appena votato. Riuscii a dialogare con uno dei candidati, amatissimo allora, Abdullah Abdullah e a vendere l’intervista a ‘La Stampa’. Andai in prima pagina e ne fui orgogliosa.”
Poi il libro scritto con l’amica e collega Sabrina Carreras per spiegare a tutti la Cina, altra esperienza basilare di vita e di lavoro. Gli insegnamenti dei colleghi da cui ha tratto minuti dettagli per l’attinente crescita. Il lavoro vissuto come una missione, con sano interesse e non morbosità. “Quando ho iniziato a fare il turno dell’alba, un collega che stimo tanto, mi ha detto: ‘E’ una corsa a lungo termine e le persone che ti stanno accanto lo devono recepire, sono loro in questo momento che devono venire da te’. E aveva ragione. Così è stato. Nonostante per tutta una serie di motivi in questo momento tra privato e lavoro è normale io spesso sia stanca.”
Allora per ritemprarsi Mariangela Pira fugge in Sardegna a Dorgali. “È la mia terra. Il mio rifugio. Da mio padre, che amo moltissimo e che continua ad essere un supporto fondamentale. Ascolto una canzone, No Potho Reposare per esempio, e mi commuovo. Ogni volta che sono all’estero, da qualsiasi parte c’è sempre almeno un sardo/sarda, se non più d’uno. Mi sento dire: ma come è che siete sempre così uniti e fate comunella all’estero? Penso sia questo amore viscerale per l’isola che ci unisce e che ci permette di riconoscerci fuori dalla Sardegna”.
Poi l’arrivo in SkyTg24 dove Mariangela ora è un punto fermo “Purtroppo sono entrata per sostituire un collega, scomparso prematuramente, si chiamava Federico Leardini e ha lasciato un grande vuoto”
Eppure la materia della quale si occupa, non è certo tra le più semplici. “L’economia è una materia un po’ indigesta, ma il fatto che io abbia una cultura classica aiuta ad avvicinare il linguaggio alle persone comuni, come me, come noi. Serve anche a difendere il telespettatore da batoste (penso alle banche o all’Argentina) come quelle che ci sono state in passato”.
Come lo spread entrato nel quotidiano della vita degli italiani, ma forse, mai compreso fino in fondo. “Lo spread è la differenza tra quanto rende un titolo di stato decennale tedesco e un titolo di stato decennale italiano. Quando questa differenza diventa molto estesa, si ingrandisce, significa che in Italia non si è tanto meritevoli di fiducia. Perché la differenza è con la Germania? Perché la Germania viene considerata punto di riferimento in Eurozona con un basso debito e credibile. Per questo se ci si allontana dal rendimento dei titoli tedeschi significa che si è percepiti più rischiosi. Ora, cosa vuol dire questo? Vuol dire che lo spread non è una cosa astratta, ma significa che se uno ci presta i soldi ci fa pagare interessi più elevati. L’anno scorso abbiamo pagato a causa dello spread 65 miliardi di euro di interessi.”
Mariangela infine, guarda al futuro e ha ancora ambizioni di crescita televisiva. Dai tg a qualche programma da condurre. “Spero di andare avanti e pormi nuovi obiettivi, anche magari nella carta stampata”.
Massimiliano Perlato