Chiara Sini. La dichiarazione di fine Pandemia è l’inizio di una nuova epoca. Al soft power d’Oriente rispondiamo con il linguaggio universale dell’arte
Una responsabilità non da poco quella di Chiara Sini, figlia d’arte, che all’indomani della storica dichiarazione di fine pandemia, proclamata dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità il 5 maggio 2023, è impegnata, in qualità di Orientalista e sinologa, a far ripartire un discorso organico con i Paesi asiatici, a decostruire il carico pregiudiziale strascico dell’incubo sanitario prima, e strutturare un nuovo dialogo all’insegna del soft power e di k- contents in cui la lingua non è un vago esperanto diplomatico ma il linguaggio, gli stilemi e il lessico dell’arte. Fondatrice dell’Associazione interculturale Cinapiuvicina.
Sini gioca in casa. Chiara è la figlia di Giacomo Sini, fondatore della Galleria d’arte Il Portico. Sini è un giovane militare in carriera, un tenente della Folgore, quando studia il mondo e decide di portarne un distillato nella sua città, Nuoro. Ne porta un’essenza di bellezza con il discorso artistico, attraverso le opere dei maggiori artisti internazionali, iniziando da un viaggio inesausto in tutta l’Europa che non godeva delle aperture diplomatiche odierne, per non discutere delle frontiere. Nasce così uno dei principali punti di riferimento culturali e artistici, non solo dell’entroterra sardo, che oggi taglia il traguardo dei primi 50’anni d’attività, a 20’ anni dalla scomparsa dell’indimenticato Giacomo Sini, nella centralissima piazza del Popolo, nei pressi del corso Garibaldi, a Nuoro.
Per Chiara questo è un anno di svolta, di ripartenza post pandemica con il suo Paese d’elezione, che si sovrappone ai forti richiami alla tradizione, alle proprie origini che coincidono con la mistica e la mitologia dell’isola intera. Chiara è fiera abbiatica di Badore Sini. Il nonno, avvocato e poeta, è il compositore del capolavoro conosciuto in ogni angolo del mondo No potho reposare, musicato da Giuseppe Rachel, che oggi compie un genetliaco di quelli importanti, i 150’anni.
Andiamo per ordine, è complessa e articolata la narrazione del personaggio “Chiara Sini”, tanti gli interessi, ancor più gli impegni internazionali nella mediazione tra popoli, ma partiamo dalla passione primigenia, l’arte. Che obiettivo ha come curatrice della galleria di famiglia?
Oggi come ieri, l’obiettivo de Il Portico è quello di avvicinare all’arte il maggior numero di persone, a prescindere dallo status sociale, economico e da quella che è la cultura di partenza di ognuno. L’arte è di tutti e per tutti, è un linguaggio e come tale può e deve essere parlato da chi ne ha bisogno. Molto importante è il dialogo con i collezionisti d’arte. In passato l’interesse a mostre e circuiti artistici viveva una sorta di autoesclusione, chi non disponeva di grossi mezzi economici sentiva precluso un percorso di approvvigionamento culturale. La galleria ha reso possibile l’acquisto rateizzato dell’arte e oggi questo sistema ha lasciato un segno indelebile.
Un pregiudizio che vorrebbe sfatare sul popolo Cinese?
Credo che occorra tornare indietro a riflettere sulla nostra storica condizione di emigrati italiani, in specie sardi. Credo che in Italia si abbia un’idea fuorviante del popolo cinese come protagonista di uno scambio culturale. Nella nostra quotidianità siamo abituati a interagire con una certa parte della vasta popolazione cinese che non è rappresentativa in via esclusiva degli interlocutori reali. Chi incrociamo nelle nostre città, soprattutto quelle sarde, sono dei cospicui complessi di emigrati, esattamente come lo siamo stati noi. Loro sono casomai i gruppi da aiutare con un dialogo che attraverso il sistema del soft power, concezione del tutto asiatica, possa migliorare le condizioni di partenza dei cinesi che si relazionano a noi attraverso i servizi commerciali, ma il dialogo tra i popoli presuppone un pluralismo che offra degli enormi vantaggi, bilaterali e questo sta avvenendo attraverso la promozione culturale, in particolare quella italiana, la quale conoscenza i popoli orientali dimostrano di prendere molto seriamente, assai più di noi, direi, dalla musica alle arti figurative.
Cosa si intende per soft power?
Per spiegarlo in parole semplici, direi che si può definire come un privilegiare la vita della reciproca conoscenza culturale e storica per instaurare rapporti che siano anche commerciali, economici e turistici, tenendo ben presente, appunto, che questi sono una conseguenza dei primi e non viceversa. Diffondere e promuovere la conoscenza delle reciproche bellezze (artistiche, naturalistiche, museali, turistiche, et alia) esaltare le proprie peculiarità senza perdere la visione internazionale è insomma “la” via da perseguire nel rapportarci al mondo orientale, in questo senso abbiamo molto da osservare e imparare da loro, poiché praticano da tempo e assiduamente tale via. Qualcuno (Confucio) diceva proprio: «Se pratichi ogni giorno un sentiero di campagna, questo si allargherà fino a diventare un’ampia via, ma se non lo pratichi, si ricoprirà d’erbacce fino a scomparire.
Dopo il successo del Capodanno cinese a Cagliari, quali sono finora le iniziative di cui è più orgogliosa?
Sicuramente “Condominio culturale 3”, su iniziativa dell’infaticabile direttrice del Cinema Odissea Stefania Medda, una rassegna cinematografica di cui ero consulente culturale per l’Asia e per la quale ho tradotto dal cinese “Uno sguardo alla terra” di Peter Marcias.
Cos’altro estrarrà dal cilindro Chiara Sini?
Sono felice di aver organizzato la prima mostra di costumi tradizionali sardi e cinesi, con la suggestiva vestizione delle due spose, e subito dopo l’estate farà tappa in Sardegna, per la prima volta, una mostra a tema Cina, con la partecipazione di artisti internazionali. Abbiamo in cantiere anche l’assegnazione di numerose borse di studio per gli studenti di lingua Cinese, dei gemellaggi, dei progetti musicali, artistici e di enogastronomia, ma il vero sogno è la fondazione di un progetto tutto mio: il M.U.S.A. (Museo d’arte Sino-Asiatica) magari proprio nella nostra capitale, Roma. Musa è anche il nome con il quale vengo chiamata in famiglia, lo vedo come un segno del destino.
Looking for Chiara
Chi è la sua icona di libertà?
Zhuang, filosofo cinese del IV secolo a. C.
Chi è la sua power woman?
Audrey Hepburn, antidiva all’epoca delle maggiorate e soprattutto perché non si è accontentata del successo e della notorietà, è andata fino in fondo con i suoi progetti umanitari. Altre star si accontentano davvero di molto meno.
Come definirebbe il suo stile?
Etno-chic, ma in fondo non perfettamente inquadrabile. Un giorno porto il kimono, il giorno dopo uno scialle sardo.
Un fiore che la rappresenta?
Il fiore del mandorlo, il suo sentore d’Oriente e il crisantemo che in Oriente è il fiore della sposa.
Il suo luogo del cuore?
Pechino.
Il suo ristorante preferito?
Il giardino dell’Eden, a Roma, è un ristorante cinese.
Il libro da consigliare?
Jin Ping Mei, un romanzo di epoca Ming, che fa capire tanto dell’anima cinese. L’autore è anonimo, io sono convinta sia una donna.
La serie tv?
The Bachelor, una commedia cinese.
Un film da rivedere?
I sette samurai, o più recente Siccità.
Qual è il suo profumo signature?
Vaniglia e zenzero di Erbolario, racchiude le mie due anime, dolce e complessa.
Da un punto di vista sociale, cosa la preoccupa di più?
La continua, inesausta ricerca dello scontro fine a sé stesso, l’odio gratuito.
Il tratto principale del suo carattere?
Non sono per niente romantica.
Qual è la qualità che apprezza di più nel/nella partner?
Che mi lasci a bocca aperta per un’indipendenza di pensiero frutto di convinzioni profonde. Che non sia omologato e profondamente colto.
Il suo peggior difetto?
L’impazienza, Nel mio partner odierei la gelosia.
Il suo passatempo preferito?
Camminare nei boschi e nei parchi.
Cosa manca alla sua felicità?
Una casa più grande, con uno spazio esterno, ma sopra ogni cosa solidificare il ponte culturale tra Italia e Oriente.
In quale Paese vorrebbe vivere?
Svizzera, Lugano. Ci ho lavorato, sono stata felice, ci tornerei.
Il suo scrittore preferito?
Junichiro Tanizaki.
Il artista preferito? (scelga lei l’arte…)
Hjeronimus Bosch.
Se avesse potuto scegliere il suo nome di battesimo, quale sarebbe stato?
Luna.
Ispina Wang. Qual è il significato del suo nick name sui social?
É un nomignolo che racchiude la mia essenza sino-barbaricina. “Ispina” è il nome sardo con il quale mi si rivolgeva simpaticamente mia nonna, in italiano significa “spina”. Wang è il mio nome cinese. Ogni straniero, arrivato in Cina ha il dovere-diritto di ricevere un nuovo nome che lo identificherà nel periodo della permanenza. Anche loro arrivando da noi assumono un nome italiano, per scelta propria.
Il personaggio storico che odia su tutti?
Napoleone.
L’impresa storica che ammira di più?
Le guerre persiane.
Quale dono/potere vorrebbe avere?
Parlare tutte le lingue del mondo.
Come si sente attualmente?
Non del tutto centrata. Mi sento sull’orlo di un cambiamento.
Il suo motto è?
“Anche un cammino di mille miglia inizia da un singolo passo”.
Ilaria Muggianu Scano