Da sciuscià a goomba, lo slang italo-americano coniato dai migranti
La lingua italiana ha vocaboli unici, impossibili da reperire nelle altre lingue, che gli stranieri ci invidiano come “allora”, “sfizio”, “struggimento”, “roccambolesco”, “dietrologia”, “chiaccherone”, “mozzafiato” e “dondolare” ma abbiamo anche vocaboli speciali, mescolati con parole straniere, come accadeva soprattutto un tempo al famoso ‘brooccolino’, lo slang degli italiani migranti in America.
Le parole americane sono entrate nella vita quotidiana dei nostri antenati, mescolate con i dialetti regionali e hanno animato le strade di Little Italy, continuando – negli anni – a venire associate allo stereotipo dell’italiano, così come viene dipinto nei film primo fra tutti “Il Padrino”.
Ma quali termini italo-americani sono validi ancora oggi e vengono utilizzati magari da figli e nipoti dei migranti del Novecento? Babbel, la app per imparare le lingue, ha fatto una ricerca sui vocaboli più usati ancora oggi.
Sciuscià
Quasi tutti conoscono il capolavoro neorealista di Vittorio De Sica e l’immagine del ragazzino dagli occhi tristi che lustra le scarpe per le strade di Roma. Ma l’origine di questo termine? “Sciuscià” altro non è che l’italianizzazione di “shoe shine”, il nome inglese del lustrascarpe.
Orrioppo
Questo strano vocabolo, che all’apparenza sembra il nome di un formaggio stagionato, è in realtà una storpiatura dell’esortazione “Hurry Up!”…”Sbrigati!”
Vascinga mascina/vachiuma clima
Non sono i nomi dei protagonisti dei cartoni animati giapponesi degli anni Settanta e Ottanta. Malgrado la somiglianza tra questi strani nomi e personaggi come Godzilla e Mazinga Z, ci si riferisce a degli lettrodomestici. Ed ecco che la perfetta casalinga italo-americana puliva casa con la “vachiuma clina” (vacuum cleaner: aspirapolvere) e si occupava del bucato grazie alla “vascinga mascina” (washing machine:lavatrice).
Bisinisse/giobba/bosso
“Che cosa faccio a New York? Ho iniziato con una giobba e un bosso ma adesso ho il mio bisinisse”. Niente a che vedere con la botanica: l’italo-americano in questione sta raccontando ai suoi parenti rimasti nel Belpaese che mentre al suo arrivo aveva un lavoro (giobba – job) con un capo (bosso – boss), ora ha fatto strada ed è riuscito ad aprirsi la propria attività, il bisinisse appunto (da business).
Goomba
Ad una prima lettura, questa strana parola potrebbe sembrare il nome di qualche esotico frutto del Sudamerica. Ma provando a dirla tante volte: goomba, gumba, gumbà… CUMPÀ! Ecco il primo esempio di “inglesizzazione” di una parola dialettale italiana.
Broccolini
Anche se gli italiani sono famosi nel mondo per la loro cucina, in questo caso il cibo non c’entra. Il bersaglio di questa storpiatura “culinaria” non è altro che uno dei più famosi quartieri di New York City… Brooklyn!
Toni
Se, da un lato, ci sono parole che derivano dalla storpiatura dell’inglese (e viceversa), ce ne sono altre la cui origine è davvero curiosa e travagliata. Questa, in particolare, rappresenta un’eccezione rispetto a tutte le altre perché non è nata a Little Italy, bensì tra i vicoli di Firenze. Pare, infatti, che i soldati americani di stanza nel capoluogo fiorentino durante la seconda guerra mondiale, avessero l’abitudine di cucire all’interno delle proprie tute da ginnastica (all’epoca un’assoluta novità per gli italiani) un’etichetta con la dicitura “To N.Y.” (“a New York”), per essere sicuri che arrivassero a destinazione. Ed ecco che cosa si capisce anche perché in Toscana, le tute da ginnastica vengono ancora chiamate “toni”.
Carro
Una parola che sembra italianissima. Ma il fatto è che, in questo caso, non ha nulla a che vedere con il suo significato originario… o quasi. “Carro” detto da un italoamericano è una semplice italianizzazione di “car” (automobile) .
Wazza mara you?
Un altro esempio di trascrizione della semplice pronuncia di “What’s the matter with you?” (“Qual è il problema?”). Chissà se gli americani si siano mai chiesti chi fosse questa “Mara”.
di Ilaria Rundeddu