Giulia Vazzoler: una pianista di fama internazionale impegnata nel sociale
Rivista Donna ha incontrato una pianista dalle mille doti, conosciuta in Europa e nel mondo, impegnata nel sociale e dedita alla sua arte come ben poche.
Ecco una breve intervista per voi.
Ciao Giulia e buongiorno, benvenuta su Rivista Donna.
Raccontaci un po’ di come nasce la tua passione per la musica e le arti in generale.
Buongiorno a voi e grazie per avermi qui con voi.
Cominciamo subito con una bella domanda.
Me la fanno spesso, ma altrettanto spesso non so come rispondere.
Quasi tutti i miei colleghi raccontano di essersi sentiti dei musicisti in erba sin dai primi mesi di vita, e magari di essere diventati da subito degli enfant prodige. Io non ho aneddoti di questo tipo: ho avuto un’infanzia molto più lineare da questo punto di vista.
La mamma è appassionata e studiosa d’arte.
Da piccola, ho visitato molti più musei di quanto sia andata a sentire concerti, anche se ogni estate non mancava l’appuntamento con l’opera e l’Arena di Verona. Ho iniziato a studiare pianoforte a 6 anni; a scuola ero brava, ma con la musica mi impegnavo relativamente.
Ho cominciato solo verso i 16/17 anni a capire che, forse, questa avrebbe potuto essere la mia strada.
Quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo della musica e le tue prime esperienze all’estero?
A circa 17 anni iniziai a fare i primi concerti a Treviso, la mia città.
L’allora presidente del Club Inner Wheel di Treviso decise di darmi fiducia e mi procurò delle opportunità di suonare. Ruppi il ghiaccio.
Poco dopo, andai in America, a Dallas, a fare un concerto con la bravissima pianista Valeria Vetruccio.
Da lì in poi, fu tutto più facile.
Come ti sei formata, sia musicalmente che culturalmente?
Mi sono diplomata in pianoforte al Conservatorio di Vicenza.
Però, mi mancava molto lo studio teoretico e così, dopo il diploma, ho deciso di iscrivermi all‘Università di Padova al corso di Filosofia.
Purtroppo, non ho potuto frequentare a causa degli impegni musicali.
Spesso andavo a fare gli esami con la piantina della città perché non conoscevo l’ubicazione di un’aula e non avevo mai visto in faccia il professore prima di quel momento.
La frequenza mi è mancata molto, ma purtroppo ho dovuto cercare un compromesso. Devo dire che gli anni passati a Padova sono forse quelli che ricordo con più affetto e più gioia.
Dopo Filosofia, ho preso un master in Musica e Sacro all‘Università di Tor Vergata e una laurea magistrale in Musica e Arti Performative.
L’università mi ha dato delle soddisfazioni immense. Tutti e tre i miei relatori (Giangiorgio Pasqualotto, Chiara Bertoglio e Alessandro Cecchi) non sono solo degli studiosi d’eccezione, ma anche delle persone di grande spessore umano e hanno dimostrato nei miei confronti un’enorme generosità.
Parlaci dei tuoi viaggi (sappiamo che hai iniziato in una maniera “insolita” per un’artista) e delle tue esperienze nel sociale.
Viaggiare è una delle cose che amo più fare nella vita e mi sento fortunata ad avere un lavoro che mi permette di farlo.
Ho anche vissuto all’estero per lunghi periodi; ho scelto delle strade e delle destinazioni poco convenzionali, ma sono dell’idea che sono i territori ancora vergini a dare delle opportunità nuove, soprattutto in questo momento di crisi che stiamo attraversando.
All’inizio, sono partita per gli Stati Uniti per fare la ragazza alla pari, dopo il diploma.
Avevo voglia di un’esperienza internazionale ma non volevo essere di peso alla famiglia. E così sono finita in Florida, ospite di una famiglia italiana a occuparmi di una bambina di 17 mesi.
E’ stata un’esperienza di vita reale, concreta e mi ha fortificato molto. Mentre ero lì, ho fatto delle audizioni e l’anno dopo sono tornata per un tour di concerti fra Sarasota e Miami.
Nel 2013 sono partita per la Palestina. Ho avuto un incarico come docente di pianoforte per il Conservatorio Nazionale della Palestina “Edward Said”, nelle sedi di Betlemme e di Gerusalemme Est.
La Palestina mi è rimasta nel cuore e mi manca ancora molto, ma la situazione politica non mi permise di tornarci agevolmente.
Qualche anno dopo, mi sono trasferita in Qatar, a Doha, dove ho lavorato come resident pianist presso il The Westin Doha Hotel & Spa.
Viaggi di lavoro ne ho fatti tanti altri: sono andata a suonare in Africa, nel Togo, e ho collaborato con l’Unione Europea nell’ambito dei progetti “Youth in Action” e “Erasmus +“.
Abbiamo fatto tanti progetti di scambio culturale in Turchia, in Moldavia, in Armenia.
Adesso, ricopro l’incarico di Youth Regional Ambassador per FEDRA (Federation of European Growth Actors in Europe) che ha sede a Bruxelles.
Un curriculum impressionante insomma.
Parlaci anche di cio’ che fai oltre alla musica, sappiamo che sei impegnatissima ad organizzare
eventi.
E’ vero, sono attiva anche come organizzatrice di eventi e direttrice artistica.
Nel 2011 ho organizzato una stagione concertistica alla Sala dei Giganti di Palazzo Liviano, finanziata dall‘Università di Padova.
All’epoca avevo 24 anni e sono stata la più giovane direttrice artistica in Italia.
In questi ultimi due anni, poi, ho anche organizzato e diretto un concorso musicale internazionale: il Premio Contea, che ha visto la partecipazione di 300 concorrenti provenienti da tutte le parti del mondo.
E’ stata una grande soddisfazione aver creato una realtà simile da sola.
Tra l’altro, il livello musicale dei ragazzi era altissimo.
Di recente, è uscito online un album dedicato a 15 vincitori di categoria e per me è un grande orgoglio e un grande onore poter rappresentare questi meravigliosi musicisti come direttrice del concorso.
Quale è stata la tua esperienza più bella a livello lavorativo da quando suoni e quali premi e riconoscimenti hai ricevuto?
Sono stata premiata in una decina di concorsi pianistici nazionali e internazionali e nel 2012 ho partecipato al talent show “Preludio Talenti“, andato in onda su Eurodigital, dove mi sono classificata al secondo posto.
E’ stata una bellissima esperienza!
Per il resto, mi dedico moltissimo alla musica da camera e lavoro come maestro collaboratore per l’opera lirica.
Le produzioni che ricordo con gioia in realtà sono tante, te ne cito una: la partecipazione al progetto “Biennale College” de La Biennale di Venezia, dove ho avuto l’opportunità di essere inserita in un’orchestra contemporanea d’eccellenza e di suonare al concerto conclusivo de La Biennale Musica, diretta dal maestro Michele Carulli.
Quali sono i sacrifici del tuo mestiere? Quali le delusioni e le soddisfazioni?
Non mi piace parlare di sacrifici, preferirei parlare di scelte.
Sicuramente, lo studio dello strumento è impegnativo e richiede molti anni di dedizione e di costanza.
Niente è immediato e, soprattutto all’inizio, bisogna dedicare tante ore al giorno allo studio.
Però non bisognerebbe mai sentirsi costretti a farlo, anzi dovrebbe essere sempre una scelta secondo me.
Anche le delusioni e i momenti difficili ci sono sempre: nessuna carriera sarà mai costellata solo di successi.
Per me, la prova più grande è stata quella di non aver trovato da subito un buon maestro. Da questo punto di vista, sono stata sfortunata. Durante gli anni di Conservatorio ho spesso dovuto fare i conti con persone distruttive.
Adesso saprei difendermi ma quando sei giovane e alle prime armi sei fragile e vulnerabile. Ho sofferto molto, in molti volevano annientarmi.
Cosa consigli a chi vuole intraprendere la tua strada in ambito musicale, specialmente se donna?
La carriera di musicista per una donna? Perché no!
Basta uscire dal pregiudizio che a suonare siano meglio gli uomini perché hanno le mani più grandi e potenti delle donne e che la musica classica sia noiosa e paludata e non corrisponda al modello di femminilità oggi adottato come standard sociale.
Oggi che i media propongono una sovraesposizione del corpo femminile, a mio avviso anche l’immagine delle mani che scorrono su una tastiera può essere molto sensuale.
Ciò che conta sono le intenzioni, la sensibilità, la capacità di fare di uno strumento di lavoro e di studio un linguaggio di comunicazione universale.
Grazie del tuo tempo e delle tue belle parole Giulia; parole che spero abbiano ispirato ed aperto gli occhi a donne che come te vogliono a loro modo fare la differenza in campo artistico e non solo, Rivista Donna ti saluta e ti augura di arrivare ancora più lontana.
Vorresti rivolgere un saluto ai lettori e lettrici di Rivista Donna?
Più che un saluto vorrei fare un ringraziamento: un musicista non può vivere senza chi lo ascolta e quindi, per me, è doppiamente importante sapere di avere delle persone che mi seguono e che nutrono affetto nei miei confronti! Spero di rimanere in contatto con tutti voi.
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Emanuele Taìno Foddai