“ElettrocardioDramma” un divertente monologo a “più voci” di Leonardo Capuano
Tra vita e sogno con “Elettrocardiodramma” di e con Leonardo Capuano – un monologo ironico e poetico, tenero e struggente, ad alta intensità emotiva – in cartellone sabato 8 aprile alle 21 al Teatro San Bartolomeo di Meana Sardo nell’unica data nell’Isola, sotto le insegne del CeDAC, per l’ultimo appuntamento della Stagione 2016-17 de La Grande Prosa, nell’ambito del Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna.
La pièce è incentrata intorno alla figura di un “balbuziente” – creatura dell’immaginario, con forti attinenze con il reale e con la dimensione concreta e quotidiana dell’esistenza: un uomo solo circondato dai “fantasmi” della madre e dei fratelli, e della donna amata, con cui conversa e interagisce costantemente come se fossero presenti, anche se invisibili agli occhi degli spettatori. Esseri che esistono – forse – solo nella sua testa, ma che egli percepisce vicino a sé e con cui dialoga e si confronta in un vortice di parole, assumendone di volta in volta l’aspetto e la voce, la postura e l’atteggiamento, un gesto, un vezzo, un dettaglio significativo quasi riflettesse come uno specchio quel che avviene nella sua mente, in un gioco camaleontico e misterioso che rasenta e in fondo sublima la sua follia.
La vita interiore – tra il fluire dei pensieri in libere associazioni, apparentemente casuali, i racconti e le chiacchiere – si mostra, e l’anima è messa a nudo: il protagonista conduce con sé i ricordi, le fantasticherie, i desideri e i sogni, per rappresentare in un privato teatrino i momenti cruciali e quelli più semplici, e perfino banali, della sua esistenza, ripercorrendo e forse inventando la propria storia.
Un’intensa prova d’attore per l’artista cagliaritano, formatosi al Laboratorio Nove di Barbara Nativi (che l’ha scelto per il ruolo di Buddy in “Immagina di annegare” di Terry Johnson, presentato al Festival Intercity London), poi affermatosi per una forte vena autorale, insieme al talento d’interprete con monologhi come “La cura”, “Zero Spaccato” e “La sofferenza inutile” e l’ultimo “Elettrocardiodramma”. Già in tournée nell’Isola con il fortunato “Pasticceri” insieme con Roberto Abbiati, Leonardo Capuano ha collaborato con Renata Palminiello in “Due” e con la storica compagnia Lombardi Tiezzi ne “Gli Uccelli” di Aristofane, e incarna l’efferato Barone di Glamis, poi fattosi re, accecato dalla vertigine del potere nel visionario “Macbettu” di Alessandro Serra.
“Elettrocardiodramma” è un racconto “corale” a più voci in un inarrestabile crescendo, che tocca le corde più segrete, per un viaggio nei labirinti della mente e del cuore, tra le intime contraddizioni, le ferite, le paure di un essere umano, fin “troppo umano” pur nella sua stravaganza, complicata da una estrema sensibilità alla musica, tanto che ritmi e melodie lo trascinano, quasi suo malgrado, “fisicamente” attraverso le pulsazioni di una gamba ribelle, e “metaforicamente” nelle atmosfere di volta in volta suggerite ed evocate dalle note. Una pièce dolceamara – ricca di pathos ma anche di sottile umorismo: con la grazia e la leggerezza che caratterizzano gli spiriti semplici, il protagonista si offre allo sguardo, si definisce attraverso le parole, e i silenzi, i contrasti e le scoperte emozioni. Il suo isolamento – come la sua evidente “diversità”, che sconfina nell’alienazione – potrebbero anche risultare la proiezione di un io inquieto, gravido di speranze e timori, prigioniero di un’ansia costante che lo induce a rielaborare costantemente le situazioni, vere e ipotetiche, in uno spazio sospeso tra il presente, il passato e il futuro.
Questa creatura – fragile e vulnerabile – arroccata all’interno di un suo mondo interiore sembra invitare ad una riflessione sulle relazioni umane, sulle finzioni e le ipocrisie, e le tante maschere che s’indossano per interpretare la propria parte in società. I “visitatori” invisibili che popolano l’ambiente sobrio, e quasi astratto, e insieme vagamente familiare, sono consanguinei, o comunque prossimi per legami d’amore: in una sorta di ritratto di famiglia, “Elettrocardiodramma” rivela stati della mente o disposizioni d’animo, attraversando differenti temperature emotive scottolineate da un interlocutore privilegiato: la musica. La colonna sonora diventa parte integrante della drammaturgia, il personaggio è quasi costretto a subire, dominato o meglio “posseduto” dalle suggestioni musicali in questa straordinaria recita “a soggetto” che è in fondo la sua vita.
Così Leonardo Capuano descrive la mise en scène di “Elettrocardiodramma” (produzione Compagnia Umberto Orsini) di cui firma anche regia, scenografia e costumi, mentre il disegno luci è di Corrado Mura e Elena Piscitilli (quest’ultima anche assistente alla regia): «un uomo balbuziente, con indosso un vestito da donna, non sembra far caso a ciò che indossa: dice d’essersi svegliato cosi». E spiega che si tratta di «Una figura tragicomica che mi accompagna da anni, il balbuziente, non un’invenzione ma un caro amico che di tanto in tanto mi racconta come gli vanno le cose». Un personaggio stravagante, che «Sembrerebbe solo ma non lo è, parla con chi gli fa compagnia da sempre, figure concrete, come quattro fratelli, la madre, la donna amata, che vivono con lui e parlano attraverso lui. Prendono la parola e parlano, agiscono e dialogano, cercando di risolvere le problematiche della vita di tutti i giorni a modo loro.» E conclude: «“Elettrocardiodramma” sembra un errore, ma in realtà rivela una piccola verità, una paura latente, o un punto di vista comico e sorprendente».
SCHEDA DELLO SPETTACOLO
Compagnia Umberto Orsini
Elettrocardiodramma
di e con Leonardo Capuano
disegno luci Corrado Mura, Elena Piscitilli
assistente alla regia Elena Piscitilli
regia scene e costumi Leonardo Capuano
Il personaggio in scena è solo, seduto al tavolo in un posto indefinito. Potrebbe essere associato ad una sorta di spazio dove si può trascorrere del tempo a pensare. Ha come peculiarità naturale ed inconsapevole quella di muoversi in situazioni del tutto fantastiche e immaginarie. Queste situazioni immaginate le rappresenta come se fossero reali e concrete.
La sua effettiva solitudine lo induce a rappresentare non soltanto se stesso, ma tutti i personaggi che agiscono abitano e parlano in quella precisa situazione, dando ad ognuno un particolare fisico, una voce e delle attitudini molto precise identiche a quelle stesse facce e a quelle stesse voci che appaiono e abitano nella sua fantasia.
In poche parole questa è la sua condizione quotidiana, inconsapevole, ma del tutto normale. Il balbuziente non può fare che questo. Le presenze con le quali ha a che fare vivono nella sua testa e parlano nella sua testa; sono quelle con cui vive il suo tempo, i suoi giorni. Sono i suoi quattro fratelli, sua madre, e la sua donna.
A buona parte di queste situazioni immaginarie corrisponde una musica. Il suo tragico destino, che è quello di avere una gamba che gli si muove in modo incontrollato e incontrollabile a tempo di musica, lo costringerà a dover attraversare delle problematiche durante le sue rappresentazioni. Suddette musiche hanno la funzione di agevolare la sua fantasia portandolo in questi luoghi e situazioni immaginarie. Se lo si guardasse da fuori, giorno dopo giorno, lo si vedrebbe nelle situazioni più surreali parlando da solo o con la sua testa.
In scena un uomo balbuziente, con indosso un vestito da donna, non sembra far caso a ciò che indossa: dice d’essersi svegliato cosi. Una figura tragicomica che mi accompagna da anni, il balbuziente, non un’invenzione ma un caro amico che di tanto in tanto mi racconta come gli vanno le cose. Sembrerebbe solo ma non lo è, parla con chi gli fa compagnia da sempre, figure concrete, come quattro fratelli, la madre, la donna amata, che vivono con lui e parlano attraverso lui. Prendono la parola e parlano, agiscono e dialogano, cercando di risolvere le problematiche della vita di tutti i giorni a modo loro. Elettrocardiodramma sembra un errore, ma in realtà rivela una piccola verità, una paura latente, o un punto di vista comico e sorprendente.
Leonardo Capuano
Crediti foto di Lucia Baldini