“Io non sono Geloso” di Ercole Renzi

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Il precedente articolo dal titolo “La Trombamicizia” ha sollevato, oltre a un grande interesse, anche qualche critica scandalizzata per il lessico un po’ audace ma anche tanto diffuso che ho utilizzato: pare che il termine, non proprio elegante, sia creatura di Fabio Volo.

Mi rendo conto che per chi scrive andare fuori dalle righe può comportare qualche rischio ma ci sono nuove dinamiche relazionali che, in quanto diffuse e parte del costume, vanno affrontate, senza mettere la testa nella sabbia e far finta di niente perché intanto la società va avanti e ignorarla non ne ferma l’evoluzione! 

Oggi desidero affrontare un altro aspetto onnipresente nelle relazioni sentimentali: la gelosia, quella che qualcuno definisce “romantica” in quanto comporta la paura di perdere l’affetto esclusivo di una persona che si ama o che si pensa di amare.

La gelosia è una paura, una minaccia percepita, un dubbio che il “possesso” del partner possa in qualche modo essere messo in pericolo da terze persone che si affacciano nella sua vita.

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Quando aumenta, questa paura può portare alla creazione di pensieri ossessivi, di vere e proprie narrazioni fantastiche che deformano la realtà e in cui si creano fantasmi, prove, indizi, situazioni, sguardi, riferimenti, come nei migliori thriller polizieschi.

Fino a una vera e propria sindrome, la cosiddetta sindrome di Otello, che prende nome dal femminicidio di Desdemona del melodramma verdiano, vittima innocente e innamorata.

 

 

Nel momento in cui nella relazione sentimentale e passionale l’oggetto di desiderio cresce di importanza viene sempre più investito dalle esigenze di attaccamento, di amore, di considerazione che ci portiamo dentro.

Ed ecco allora che il coinvolgimento crescente genera la voglia di esclusività e la paura che sia messa in pericolo. La gelosia è direttamente proporzionale a queste esigenze individuali che, se frustrate nel passato infantile e adolescenziali da rapporti familiari anaffettivi, freddi, e distaccati, cercano appagamento nel presente nel rapporto con l’amato bene. 

“Tra di noi non ci deve essere gelosia” è il tenero (e ingenuo) proponimento di chi, nel pronunciarlo, già ne manifesta la presenza, già la sente come disagio che immancabilmente si manifesterà.

Un aforisma caro alle Discipline Analogiche recita:

Chi dice non fa, chi fa non dice

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Dico che non voglio essere geloso perché sono inconsapevolmente consapevole della mia debolezza. La gelosia non riguarda il comportamento del partner ma riguarda noi stessi: siamo noi che ci mettiamo in crisi da soli vittime delle nostre paure, due su tutte.
 
La comparazione fallimentare per cui ti chiedi se vali o puoi valere come il presunto rivale del presente e, spesso, anche del passato: è il sospetto di un confronto penalizzante con un antagonista che sta nella tua testa prima che nella realtà e che ti fa stare male.
 
E poi la paura della solitudine affettiva, del vuoto abbandonico: “Mi lascia, resto solo/a, non troverò mai un altro/a come lui/lei, sempre la solita storia della mia vita…”.
 
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La gelosia è la presa di coscienza di un senso di inadeguatezza, è la doccia scozzese del mi ama/non mi ama, quando ti convinci che non c’è motivo che ci sia salvo, un attimo dopo, lasciare spazio alla frustrazione del dubbio.
 
La gelosia va guardata oltre che sentita nell’anima e nel corpo, perché è un’emozione che certifica la tua vulnerabilità umana, che dà senso al rapporto con l’altro/a e che ne attesta il valore come specchio delle tue aree irrisolte.
 
Perché la gelosia, se fa soffrire, prende il nome di fame di sicurezza, di conferma del proprio valore, di assoluta necessità del riconoscimento dall’altro fino, nei casi estremi, al proprio annullamento.
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Ecco… la gelosia che dà passione, slancio e vita alla relazione è quella in cui i due partner hanno un grande rispetto di se stessi e dell’altro; diventa insana quando la disistima divora la dignità di entrambi.

Ti invito ad avvicinarti alle Discipline Analogiche per prendere consapevolezza del percorso possibile verso la libertà e verso un rinnovato benessere emotivo per entrare in contatto con questa identità ferita, per stabilire un dialogo diretto con essa e per decomprimere quelle energie di rabbia e di dolore che ci legano a vecchi schemi mentali e a vecchi “programmi”.