Il cuore nella mente – intervista di Giorgio Nadali
Il cuore e la mente: due concetti che sembrano in contrasto tra loro.
Ma proprio come Amore e Psiche, separati, non potevano vivere l’uno senza l’altra, così la nostra mente, logica e razionale, non può essere compresa appieno senza considerare anche la nostra anima emotiva, di cui abbiamo già parlato.
Le emozioni svolgono un ruolo primario: affondano le radici all’interno di meccanismi perfetti, affinati in milioni di anni di evoluzione. Ma per quanto siano importanti, ci ricorda Paul Ekman, pioniere degli studi in questo campo, le conosciamo ancora poco.
Nel novembre 2018 Diego Ingrassia ha pubblicato “Il cuore nella mente. L’analisi emotivo comportamentale: consapevolezza emotiva e relazioni umane”.
Il libro di Diego Ingrassia insegna come riconoscere le emozioni attraverso un’attenta osservazione e l’uso strategico delle domande e ci fa capire quanto le preziose informazioni che possiamo trarne siano il primo passo per migliorare la nostra competenza emotiva.
Quali sono le maggiori problematiche emotivo comportamentali oggi?
Credo che la digitalizzazione del mondo ci abbia allontanato dal nostro mondo emotivo. Sono consapevole che questa affermazione può sembrare paradossale, perché i nuovi media veicolano continuamente messaggi emotivi: il sopravvento delle immagini sulle parole lo testimonia molto bene. Ma si tratta di emozioni fugaci, gratificazioni immediate, che durano il tempo di un “like”, per poi essere immediatamente sostituite dal prossimo stimolo. Dobbiamo ritrovare il tempo per l’ascolto, per ridare valore alle parole, per scendere in profondità.
Quanto l”intelligenza emotiva e quanto il QI contribuiscono al successo personale e professionale?
Non è semplice tracciare una distinzione netta, per essere più precisi dovremmo definire meglio l’ambito professionale di riferimento. Ma se accettiamo l’idea che in qualunque professione esiste comunque una dimensione relazionale da gestire, e che questa componente può risultare spesso determinante per una piena efficacia professionale, comprendiamo quanto sia importante il contributo dell’intelligenza emotiva a sostegno del Q.I. Tutti noi ricordiamo compagni di scuola che non erano certo i primi della classe, ma che poi nella vita hanno avuto successo. Gli studi ci insegnano tuttavia che la sola intelligenza emotiva non basta se non riusciamo a sviluppare una adeguata esperienza.
L’abilità di creare un grande patrimonio economico personale è un talento o un’abilità che si può apprendere?
Credo che esistano molti modi per avere fortuna economica nella vita, in alcuni casi questa fortuna è sicuramente dovuta al talento, ad esempio per gli artisti. Ma se pensiamo a una abilità che si può apprendere, e restando nel mio settore di competenza, è importante ricordare gli studi di Daniel Kahneman e Richard Thaler, premi Nobel nel 2012 e nel 2017, per l’economia comportamentale. Le loro ricerche dimostrano, contrariamente a quanto si credeva in passato, che il comportamento economico delle persone è tutt’altro che razionale e che in molte decisioni di successo è determinante il ruolo dell’istinto.
Esistono differenze nell’analisi emotivo-comportamentale di donne e uomini?
Si certo, gli aspetti più evidenti sono spesso legati a fattori di tipo culturale. Le donne hanno quasi sempre una maggiore sensibilità nel riconoscere le emozioni, questo è facilmente comprensibile tenendo conto del ruolo sociale che hanno storicamente ricoperto. Per quanto riguarda gli uomini, la cultura dominante gli ha sempre portati a considerare l’emozione come un elemento di debolezza. Superare questi stereotipi è possibile ma richiede la voglia di andare contro corrente.
Lei ha pubblicato recentemente “Il cuore nella mente. L’analisi emotivo comportamentale: consapevolezza emotiva e relazioni umane”. Qual è la situazione degli italiani?
Studiare le emozioni aiuta a comprendere e anche a superare barriere culturali a volte molto forti. Noi italiani siamo considerati un popolo “caldo”, manifestiamo e comunichiamo le nostre emozioni in maggiore misura rispetto ad altri popoli. La nostra storia, passata per molte dominazioni, ci ha permesso poi di sviluppare una certa flessibilità. Ma lo studio delle emozioni ci insegna anche che abbiamo una matrice comune molto importante. Non a caso gli studi di Paul Ekman, che noi rappresentiamo in Italia, partono dalla scoperta di sette “emozioni universali”: identiche, nelle loro manifestazioni, per qualunque abitante di questo pianeta.
In quale misura gli errori educativi dei genitori creano problematiche emotivo comportamentali?
Uno degli errori che i genitori commettono più spesso è quello di condizionare la libera espressione delle emozioni. Basta pensare a frasi come: “non devi piangere”, “non farti vedere arrabbiato”, “non sta bene ridere così”, sono esortazioni di tipo educativo che se reiterate nel tempo e non compensate da atteggiamenti tesi a comprendere e ad accompagnare l’emozione verso lo sviluppo di una adeguata consapevolezza, possono lasciare una traccia negativa nella propria esperienza difficile da cancellare.
Quali problematiche incontra soprattutto nella Sua attività nelle aziende?
Solo da poco tempo le aziende hanno dimostrato interesse nei confronti delle emozioni, per molto tempo questo non è stato possibile, le organizzazioni temevano le emozioni in quanto manifestazioni irrazionali che minacciavano l’efficienza operativa. Oggi riceviamo parecchie richieste riguardo alle competenze emotive, ma ci sono molte cose da migliorare. Esiste ancora, ad esempio, uno sbilanciamento tra la richiesta di strategie per gestire le emozioni degli altri e la motivazione a lavorare sulla propria consapevolezza emotiva. È del tutto evidente che non possiamo migliorare la nostra capacità di gestire le emozioni se non partiamo dalle nostre.