I preziosi e utili composti delle piante per il nostro benessere
Sono diverse migliaia e li sfruttiamo, più o meno consapevolmente, da secoli. Per molti di essi recenti studi scientifici hanno confermato proprietà benefiche. Tutti i vegetali, che siano usati a scopo alimentare o medicinale, contengono oltre a ben noti principi nutritivi come zuccheri, proteine, e grassi ( che rappresentano per noi come per loro una fonte di energia e di componenti strutturali per costruire l’organismo) e a micronutrienti come vitamine, sali minerali e oligoelementi (indispensabili per il buon funzionamento metabolico) tutta una serie di composti aggiuntivi dotati di funzioni più o meno specifiche e complessivamente chiamati fitocomplessi. In tutto, considerando cioè l’insieme delle molecole prodotte naturalmente dalle diverse specie esistenti, oppure almeno da quelle note all’uomo, si calcola che questi composti siano circa 80mila. Una cifra a dir poco impressionante che si giustifica con il fatto che, accanto a principi comuni e sostanzialmente ubiquitari nel Regno Vegetale, ciascuna pianta nel corso dell’evoluzione ne ha sviluppati di propri per adattarsi alle specifiche esigenze legate all’ambiente di crescita, ai particolari parassiti da cui ha avuto bisogno di difendersi, alle proprie strategie di sviluppo, riproduzione e diffusione. Al pari degli insetti e degli altri animali, l’uomo ha imparato a poco a poco a conoscere le proprietà delle diverse sostanze di natura vegetale, sperimentandone in prima persona gli effetti ora favorevoli ora deleteri. In molti casi, egli ha saputo sfruttarle in modo vantaggioso spesso anche quando il composto di partenza era stato sviluppato dalla pianta con lo scopo di scoraggiare il proprio consumo da parte di potenziali predatori. E’ questo il caso di gran parte delle bacche e delle erbe caratterizzate dalla presenza di molecole tanto attive da risultare tossiche, se non addirittura letali, quando sono ingerite accidentalmente e in eccesso (il che significa, a volte una sola foglia o un solo fiore), ma che opportunamente estratte, trasformate e dosate diventano elemento cardine per la produzione di farmaci preziosi. I principi estratti dalla digitale, dal colchico, dall’aconito, dalla belladonna, dalla corteccia del salice e dall’albero del chinino sono soltanto gli esempi più famosi in questo senso. Al di là di questi usi finalizzati e consapevoli, poi, l’uomo si è avvantaggiato per millenni di un’infinità di sostanze presenti in quantità più o meno abbondante in verdura, frutta, e legumi commestibili, a volte intuendone i benefici, ma senza sapere esattamente da che cosa dipendesse il maggior benessere associato al loro consumo. Soltanto gli studi effettuati nell’ultimo decennio hanno iniziato a chiarire, almeno per alcuni di questi composti, la natura e le basi della azione biologica. Ma veniamo alla categoria di composti più rappresentata e utile per l’uomo: quella dei polifenoli. Benché non indispensabili al metabolismo umano, ricerche recenti hanno evidenziato per molti di essi una spiccata attività per la salute, più o meno specifica, andando in alcuni casi a confermare le convinzioni maturate in secoli d’uso empirico nel contesto della tradizione popolare. Sono polifenoli i flavonoidi, gruppo di composti amplissimo e variegato, che va dalla rutina della cipolla alla quercetina del tè, dalle catechine delle mele e della cioccolata alle antocianine dei frutti di bosco, agli isoflavoni della soia; gli acidi fenolici e i lignani, categoria quest’ultima di cui fanno parte diverse sostanze con azione fitoestrogenica, simile, seppur più blanda, a quella degli ormoni femminili umani e dei già citati isoflavoni. Alla pianta, i polifenoli, che spesso si concentrano nella polpa o nella buccia dei frutti, nelle foglie degli ortaggi e nei semi o nei germogli dei legumi, servono per gli scopi più diversi. Tanto per cominciare, quasi tutti sono dotati di un’attività antiossidante più o meno spiccata, che dipende dalla particolare struttura chimica che li caratterizza.
Le loro molecole, costituite da un insieme di atomi disposti ad anello, sono capaci di intrappolare e neutralizzare i radicali liberi e le specie reattive dell’ossigeno, impedendo loro di interagire con i componenti di cellule e tessuti vegetali e di danneggiarli. Non solo. Molti polifenoli sono pigmenti la pianta li usa per catturare la luce delle lunghezze d’onda più utili per la fotosintesi e la maturazione dei frutti oppure per schermarsi da radiazioni potenzialmente dannose(più o meno come facciamo noi umani d’estate mentre ci spalmiamo di filtri solari). Nel contempo, proprio in quanto pigmenti, conferiscono alle parti della pianta che li contengono una colorazione caratteristica: le antocianine, per esempio sono alla base delle gradevoli sfumature rosa-violetto dell’uva nera, delle fragole e dei frutti di bosco in genere. Introdotti regolarmente e in quantità adeguate nell’organismo umano i polifenoli hanno dimostrato di essere in grado, oltre che di esercitare come nelle piante una generica attività antiossidante, anche di influenzare alcune funzioni fisiologiche più specifiche. Diverse evidenze, per esempio segnalano che diete ricche di flavonoidi riducono il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, mentre un significativo consumo di frutti contenenti antocianine si associa ad effetti neuroprotettivi, che si traducono in un rallentamento del declino delle funzioni cognitive legato all’invecchiamento, e a una maggior capacità di eliminare le tossine dall’organismo. Ampiamente dimostrati sono poi, gli effetti benefici degli isoflavoni nell’ambito delle malattie cardiovascolari, ipercolesterolemia, sindrome premestruale, osteoporosi.
Costantino Mazzanobile